E le Casse aprono il fuoco sulla riscossione unificata 

da Il Sole 24 ore del 22.12.98

ROMA — Lettere di protesta al ministero delle Finanze, ancora lettere ai presidenti degli Ordini degli avvocati con l’invito a reagire, e poi studi inviati ai dicasteri del Lavoro e delle Finanze in cui le Casse dei liberi professionisti sottolineano le proprie particolarità rispetto al sistema previdenziale pubblico. I 15 enti privatizzati scendono così sul sentiero di guerra. Motivo del contendere è un orientamento, manifestato nei giorni scorsi in un incontro alle Finanze, in base al quale il ministero guidato da Vincenzo Visco, d’intesa con il Lavoro, vorrebbe includerli tra gli enti sottoposti alla nuova disciplina sull’unificazione delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento di tributi e contributi previdenziali (Dlgs 241/97). In pratica, le Casse dei professionisti sarebbero spogliate del potere di accertamento e di riscossione diretta dei contributi e alcuni iscritti potrebbero perdere la possibilità di rateizzare i versamenti.
«Un esproprio, un’inaccettabile limitazione all’autonomia gestionale»: questa la reazione di Maurizio de Tilla, presidente della Cassa forense, il primo a scendere sul sentiero di guerra per contrastare l’intenzione ministeriale (si veda «Il Sole-24 Ore» di domenica scorsa). In una lettera a Visco, de Tilla scrive, tra l’altro, che «la riscossione da parte dello Stato dei contributi della Cassa, oltre che contrastare palesemente con i principi di ordine costituzionale e con l’autonomia conferita dal Dlgs 509/94, priverebbe il nostro ente dell’efficienza consolidatasi proprio a seguito della privatizzazione, nonché della certezza del gettito delle entrate, così da mettere in pericolo i suoi equilibri finanziari, la puntuale erogazione delle prestazioni e la stessa sopravvivenza dell’ente».  Se il dicastero guidato da Visco, nell’emanare il decreto ministeriale previsto dall’articolo 10 del Dlgs 241/97, tradurrà in pratica quella che ancora è solo un’intenzione, per de Tilla si realizzerebbe «la statalizzazione delle Casse dei professionisti» e potrebbe inoltre verificarsi, «a causa dell’inefficiente e confusa gestione pubblica, l’aumento dei contributi e la diminuzione delle pensioni». Pertanto, il presidente della Cassa forense invita il ministero a desistere dall’iniziativa, i parlamentari a opporsi alla stessa e i professionisti «a mobilitarsi, con iniziative visibili e concrete, per manifestare il fermo dissenso».
Gli avvocati hanno aperto il fronte, ma il carro della protesta è pronto a ospitare tutte le categorie interessate. Il 16 dicembre l’Adepp, l’Associazione degli enti previdenziali privati, ha assunto una delibera con la quale invita ciascuna Cassa a mandare lettere di protesta al presidente del Consiglio dei ministri, ai ministeri delle Finanze, di Grazia e giustizia, del Lavoro e del Tesoro. Con la stessa delibera l’Associazione ha affidato a due professori la difesa, anche in via giudiziaria, degli interessi degli associati.
Ma perché queste iniziative di protesta? Per Casse e iscritti cosa cambierebbe, in pratica, con l’eventuale inclusione tra gli enti coinvolti dalla riscossione unificata? I versamenti resterebbero gli stessi, ma potrebbero, per esempio, cambiare le date per il pagamento, visto che in alcuni enti è prevista la possibilità di rateizzazione. «I controlli statali —aggiunge poi de Tilla — richiedono tempo, organizzazione e strutture, e potrebbero ritardare il versamento alle Casse. Così — sottolinea —subirebbero ritardi anche i pagamenti delle pensioni».
Altre possibili conseguenze dell’unificazione sono sintetizzate nello
studio che l’Inpgi ha già inviato al ministero del Lavoro. Nella lettera, il
presidente dell’Istituto dei giornalisti, Gabriele Cescutti, sottolinea
innanzitutto «il conseguente obbligo per gli enti privatizzati di modificare
immediatamente la base imponibile, con la finalità di unificarla» e mette
dunque in guardia il ministero dai problemi che potrebbero tra l’altro
sorgere in relazione a situazioni di partenza estremamente diversificate
fra loro e di fatto inconciliabili: «si pensi, ad esempio — scrive Cescutti
—, alla circostanza che alcuni enti hanno un massimale contributivo,
mentre altri ne sono addirittura privi, nonché all’ulteriore circostanza che
? da Cassa a Cassa — mutano le fasce di reddito e le aliquote contributive applicate».  Marco Peruzzi