Sanzioni:
c’è divaricazione tra nozione civilistica e tributaria
da Il Sole 24 ore del 22.12.98
La responsabilità in materia di sanzioni per i consulenti tributari
non è assolutamente mitigata o limitata dalle nuove disposizioni
introdotte dal decreto correttivo 203 del 5 giugno 1998. Con le modifiche
apportate alla previgente formulazione dell’articolo 5 del decreto legislativo
472 del 1997, il legislatore tributario ha fornito una qualificazione fumosa
della violazione commessa con dolo e ha inoltre aggiunto un secondo periodo
alla originaria formulazione del comma 1 dello stesso articolo, laddove
ha apparentemente escluso la responsabilità del professionista nelle
ipotesi di violazioni commesse con colpa. È infatti previsto che
le «violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza
tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà
sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave».
Premesso che permane la responsabilità del consulente nelle
ipotesi in cui l’amministrazione ritenga che la questione controversa da
cui è scaturita la violazione non sia particolarmente complessa
e non possa dar luogo a problemi interpretativi, negli altri casi il legislatore
ha invece previsto la punibilità per le violazioni commesse con
dolo o colpa grave. A parte l’ipotesi della violazione commessa con
dolo, che non ha nulla a che vedere con la soluzione di problemi di speciale
difficoltà, la disposizione in esame è addirittura contraddittoria
laddove prevede la punibilità in caso di violazione commessa con
colpa grave che ricorre nelle ipotesi opposte a quelle per cui è
prevista la limitazione di responsabilità, vale a dire per la soluzione
di problemi di speciale difficoltà.
La colpa è grave quando è evidente l’inosservanza di
elementari obblighi tributari ovvero quando l’imperizia o la negligenza
del comportamento sono indiscutibili, oppure quando non si possa ragionevolmente
dubitare del significato e della portata della norma violata. Le ipotesi
suindicate si pongono in netto contrasto con la previsione che tenderebbe
a escludere la responsabilità del consulente nei casi in cui è
richiesta la soluzione di problematiche di speciale difficoltà.
Se l’intento del legislatore era quello di limitare la punibilità
alle sole ipotesi di violazioni commesse con dolo o colpa grave, non doveva
legarla alla difficoltà delle questioni esaminate. Si ritiene
che l’ambiguo tenore letterale della norma possa determinare notevoli contrasti
interpretativi in ordine alla limitazione di responsabilità del
professionista relativamente alla contestazione delle sanzioni. È
evidente che ricalcando il principio sulla responsabilità professionale
contenuto nell’articolo 2236 del Codice civile, come si rileva dalla circolare
del ministero delle Finanze n. 180/E del 10 luglio 1998, al legislatore
è sfuggito che la definizione civilistica di dolo e colpa grave
non coincide affatto con quella tributaria.
La norma civilistica va intesa nel senso che il professionista di fronte
a un problema di particolare difficoltà deve agire in maniera corrispondente
alle difficoltà del caso. Pertanto, mentre la colpa grave di cui
all’articolo 2236 non è altro che la colpa valutata in relazione
alla speciale difficoltà della prestazione, dal punto di vista fiscale
si risolve nella macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari.
Sergio Trovato
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