Camorra,
videoconferenze in tilt
da Il Mattino del 22.2.99
GIGI DI FIORE
Dichiarazioni spontanee in udienza, lettere (spesso molto simili tra
loro) inviate, agli avvocati: da qualche giorno, tra i detenuti sottoposti
al regìme di carcere duro (il cosìddetto «41-bis»,
riservato a chi è accusato di associazione mafiosa), monta la protesta.
Le difficoltà degli spostamenti per consentire i collegamenti delle
videoconferenze, le insofferenze verso alcune restrizioni (soprattutto
quelle sui colloqui con i familiari) alla base delle proteste. Alcune sfociate
anche in annunci di scioperi della fame. Da qui l’iniziativa dell’avvocato
Saverio Senese, destinatario di gran parte di queste missive, che ha scritto
una lettera al ministro della Giustizia Oliviero Diliberto.
Scrive il penalista: «Risulta particolarmente allarmante che
persone detenute in carceri diverse e distanti tra loro abbiano contestualmente
denunziato atteggiamenti di prevaricazione e soprusi. Sebbene trattasi
di detenuti a cui sono applicate per legge restrizioni dell’ordinamento
penitenziario, la loro carcerazione non può comunque risolversi
in trattamenti contrari al senso di umanità».
E poi le richieste al ministro: un’ispezione immediata nelle carceri
di massima sicurezza ad Ascoli e a Spoleto. Ma al Ministero sono arrivati
anche stralci del verbale d’udienza del 28 gennaio scorso, trasmessi a
Roma da Achille Scura, presidente della terza corte d’Assise napoletana.
In quegli atti giudiziari, le dichiarazioni spontanee di Angelo Moccia,
imputato di associazione camorristica e omicidi. Dichiarò, quel
giorno, Moccia: «Poichè mi trovo in un carcere che non è
di mia assegnazione sono stato tradotto solo per la videoconferenza. Prendo
atto che da oggi c’è la volontà di non farci partecipare
alle udienze a noi detenuti del 41-bis, io vi chiedo di poter restare nel
carcere di provenienza, perchè per partecipare in videoconferenza
alle udienze c’è un trattamento a dir poco speciale».
Viaggi in aereo, per raggiungere una della 50 salette, predisposte
in Italia per i collegamenti con i processi di mafia e camorra. Spostamenti
frenetici, spesso saltando il sonno e con spuntini veloci. Non è
facile far tornare i conti con il numero insufficiente di salette nelle
carceri, allestite per assicurare la partecipazione ai processi di circa
400 detenuti sottoposti al 41-bis. Naturalmente, i presidenti dei collegi
giudicanti fanno salti mortali, per far quadrare turni di udienze con la
disponibilità delle salette. E i detenuti vengono sottoposti a dei
veri e propri tour de force per raggiungere le salette attrezzate. Ecco
ancora il verbale di Moccia: «Sabato notte sono stato trasferito
da Cuneo e sono giunto nel carcere di Spoleto verso le undici, mezzogiorno.
Qui mi si toglie tutto, persino le sigarette e il dentifricio. Ma per seguire
tutti questi procedimenti, con questi spostamenti, abbiamo perso quel poco
che ci rimaneva e cioè poter ricevere la posta, perchè in
questo modo non ne possiamo ricevere più».
Un altro detenuto, Saverio Rocco, scrive all’avvocato Senese di aver
cominciato uno sciopero della fame «totale». Stavolta, la protesta
è sul vetro divisorio per i colloqui con i familiari. Si legge nella
lettera: «Non pretendo che venga abolita la differenziazione, chiedo
che non vengano torturati i familiari, che nulla hanno commesso. Fare il
colloquio con il vetro divisore è un’atroce tortura per i propri
cari. Si potrebbe ovviare videoregistrando i colloqui». Dello stesso
tenore, la lettera di Diego Rosmini, o anche di Luigi Galli, che chiede
all’avvocato Senese di predisporre un ricorso alla corte di Strasburgo
per i diritti dell’uomo. Un ricorso già presentato in passato, senza
successo: la Corte europea ha stabilito che il 41-bis è un trattamento
carcerario perfettamente costituzionale.
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