Vogliono
farci tornare al Medioevo
da Il Messaggero del 22.1.99
di VITTORIO ROIDI
Un paese in cui il segreto vincerà ancora. Anzi. Non sapremo
più nulla. Le inchieste giudiziarie? Tutte top secret. Un ramo del
Parlamento ha già deciso: dovrà pagare 50 milioni o andare
in galera il giornalista che pubblicherà notizia di arresti, di
scandali, di avvisi di garanzia, di corrotti e corruttori.
C’è sbalordimento fra i magistrati e perfino fra gli avvocati.
Vedremo se protesteranno altre categorie di cittadini. Visto che noi lavoriamo
per loro. Sette anni dopo l’esplosione di Tangentopoli (Mario Chiesa fu
arrestato nel marzo’92) la classe politica - che vide tanti suoi rappresentanti
inquisiti, condannati e qualcuno assolto - approva una norma che imbavaglia
i cronisti giudiziari. Silenzio assoluto, nessuna notizia, fino all’inizio
del dibattimento. Vuol dire che su tutte le inchieste di questi anni, dall’aereo
di Ustica all’omicidio di Marta Russo, niente si sarebbe potuto scrivere.
Dieci anni fa eravamo diventati un paese civile. Era entrato in vigore
il nuovo codice di procedura penale che, all’art. 329, autorizzava la pubblicazione
di notizie sugli atti delle indagini preliminari già a conoscenza
delle parti. Scompariva l’istruttoria e quindi anche il suo segreto. Il
legislatore diceva che l’opinione pubblica poteva essere messa a conoscenza
di ciò che accadeva nelle stanze della Giustizia. I muri massicci
del Palazzaccio venivano sostituiti con vetri trasparenti. I cronisti potevano
scrivere ciò che le parti in causa già conoscevano (anzi
”di cui potevano avere conoscenza”). Una norma rivoluzionaria, che finalmente
affermava il diritto di cronaca, anche nella prima parte del procedimento
giudiziario. Fatti salvi i casi in cui gli atti fossero ”secretati”, cioè
coperti da uno specifico scudo protettivo.
Facciamo un esempio. Il Pm iscrive un cittadino nel libro degli indagati
e gli manda un avviso di garanzia. Anche la collettività può
saperlo. Tenendo presente che quell’avviso ”garantisce” la persona, cioè
le dà la possibilità di difendersi, e non va interpretato
dal giornale come indizio di colpevolezza. Fino a quel momento quel cittadino
è un innocente che è messo in condizione di controbattere
all’accusa. Oggi si afferma che il lettore deve essere tenuto al buio,
addirittura fino alla fine delle indagini preliminari
(che talvolta durano anni). Si torna al Medioevo. Si nega l’interesse
della collettività ad essere informata.
I giornalisti hanno commesso tanti errori. E’ vero. Hanno maltrattato
e rovinato persone che i magistrati avevano accusato ingiustamente (Valpreda?
Tortora? Sergio Moroni?).E non sempre questi errori sono stati puniti con
severità. Ma i giornalisti esistono per svelare, non per coprire
i segreti. Ai giudici, ai cancellieri, agli ufficiali di polizia giudiziaria
può essere imposto il segreto. A noi no. Dunque, non ci resta che
prenotare un posto a Rebibbia. O cambiare mestiere.
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