‘Crea
illegalità l’intreccio fra pm e collaboratori’
da Il Giornale di Sicilia del 22.1.99
INTERVISTA A DEL TURCO
PALERMO. ‘La vicenda di Messina dimostra che talvolta i “pentimenti”
altro non sono che la prosecuzione della lotta tra le cosche con altri
mezzi’. Ottaviano Del Turco (nella foto), presidente della commissione
parlamentare Antimafia, aveva messo in guardia dalle degenerazioni del
fenomeno delle collaborazioni di giustizia: ‘Lo dissi nel dicembre del
‘96, attirandomi critiche e maldicenze. I fatti mi stanno dando ragione’.
A Messina alcuni magistrati sarebbero coinvolti in rapporti poco chiari
con i
collaboranti. ‘È un fatto grave, che richiama tutti a grande
attenzione: senza riscontri non si muove nulla. È il più
grave malanno, combattere la mafia con l’illegalità: produce e alimenta
altra illegalità’. C’è una nuova tattica della mafia? ‘I
pentiti e i loro parenti sono diventati così numerosi che, per ucciderli
tutti, ci vorrebbe una strage. La nuova tattica di Cosa Nostra è
allora quella di usarli’. Proprio due giorni fa, a Palermo, è stata
chiesta la condanna a trent’anni per Balduccio Di Maggio. ‘È singolare,
la storia
di Di Maggio: da padre costruttore della Repubblica, perché
su di lui poggia una base del processo Andreotti, a persona per la quale
gli stessi pm chiedono trent’anni, dato che questo signore continuava le
sue attività delinquenziali. La giornata di mercoledì è
cruciale e va segnata nel calendario della storia della legalità:
la richiesta del pm Imbergamo conferma che la magistratura è capace
di tornare sui propri passi’. E anche a Messina la Procura si dà
da fare, col nuovo capo, Luigi Croce. ‘È in atto una
revisione. La parola dei pentiti non è più considerata
alla stregua di un oracolo e questo lo considero un risultato importante
conseguito dalla commissione Antimafia, che già nel dicembre del
‘96, non ieri, aveva detto che c’era qualcosa da rivedere nel sistema dei
collaboratori di giustizia’. Tornerete a Messina? ‘Penso di sì.
Noi abbiamo fatto rimanere acceso un faro sulla città, fino a poco
tempo fa considerata “babba” e libera dalla mafia. Ci andammo dopo l’omicidio
Bottari e trovammo quello che io
ho definito un grumo di potere, in cui ciascun corpo sociale regge
l’altro: l’Università, il Policlinico, la Magistratura... Eppure,
negli anni bollenti di Mani pulite, c’erano stati fenomeni di imitazione,
si era parlato del Di Pietro di Messina’. C’è il rischio che ora
si dica che tutti i collaboranti non sono credibili? ‘Il rischio esiste,
ma le iniziative giudiziarie come quelle di Messina e Palermo scoraggiano
principalmente le collaborazioni fasulle e difendono le collaborazioni
che hanno danneggiato la mafia.
Qualunque istituzione è esposta alle false collaborazioni. In
carcere c’è molto tempo a disposizione, ci sono persone in grado
di costruire un castello di prove verosimili...’. Riccardo Arena
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