Del
Turco rilancia la legge sui pentiti
da Il Sole 24 ore del 22.6.99
ROMA — «Spero che si raggiunga al più presto un accordo
sulla nuova legge per i collaboratori di giustizia, ferma al Senato. E
che venga approvata anche senza la norma sul "192", a cui sono peraltro
favorevole, ma che può trovare una risposta nel Ddl costituzionale
sul giusto processo». Meglio un piccolo passo avanti che niente.
Per Ottaviano Del Turco, presidente della commissione Antimafia che oggi
discuterà in plenum il «caso-Cancemi», deve essere superato
il braccio di ferro sull’articolo 192 (riscontro incrociato tra le dichiarazioni
dei pentiti), che da oltre due anni tiene bloccata la riforma.
Soprattutto, aggiunge il senatore socialista, va ripensato il rapporto
tra Pm e polizia giudiziaria. L’impoverimento delle forze investigative
in seguito all’entrata in vigore del Codice dell’89 e ai nuovi poteri forniti
al Pm, non è, secondo Del Turco, una critica del palazzo ma è
stato sostenuto anche da autorevoli investigatori (cita Manganelli, questore
di Palermo e Mori, ex comandante dei Ros). Anche di questo si discuterà
oggi in commissione Antimafia, mentre il clima politico si surriscalda
dopo l’appello di Del Turco a portare la gestione dei pentiti davanti a
Ciampi. Alle perplessità di esponenti della maggioranza (i responsabili
giustizia di Ds e Ppi, Leoni e Carotti) si sono aggiunte quelle del Pg
di Milano Saverio Borrelli: «Credo che un appello al presidente della
Repubblica su questi argomenti sia fuori luogo. L’appello casomai va fatto
al senso di professionalità dei magistrati: credo che su questo
versante la magistratura non meriti rimproveri di alcun tipo». Ma
Del Turco difende sia le critiche ai Pm che l’appello a Ciampi: «Penso
che si debba portare il verbale della nostra seduta ai presidenti delle
Camere: la discussione potrebbe poi continuare con il capo dello Stato
che, non dimentichiamo, presiede il Csm».
Ma tra Del Turco e Leoni è sempre più scontro e non solo
sull’appello a Ciampi. Ieri il diessino ha bollato come «razzista»
la visione della legge prospettata dal presidente dell’Antimafia: «Dire
che delle indagini sui rapporti tra mafia e politica i magistrati devono
occuparsi se rimane tempo ricorda quanto diceva Berlusconi al tempo delle
manifestazioni per la tolleranza zero: i giudici indaghino su chi rapina
e uccide la gente per strada, e non sui galantuomini che stanno in Parlamento.
È una visione razzista della legge, che deve inseguire e condannare
i poveracci e lasciar stare i colletti bianchi».
A Del Turco le bacchettate dei Ds non sono piaciute: «In un Paese
con una cultura democratica consolidata tocca alla maggioranza legittimarsi
ricordando che le regole del gioco non prevedono la criminalizzazione del
capo dell’opposizione». Con il presidente dell’organismo bicamerale
si sono schierati i deputati di An Fragalà, Lo Presti, Simeone e
Carmelo Carrara, responsabile giustizia dei Ccd. Chiedendo l’approvazione
della riforma. Il fatto è che il regime dei collaboratori non viene
cambiato perché il Polo (e non solo) insiste a inserirvi le modifiche
al 192. Così il Ddl che, tra l’altro, impedisce le dichiarazioni
a rate dei pentiti, si è incagliato sulla proposta del relatore
Luigi Follieri (Ppi) di modificare il 192 impedendo i riscontri incrociati.
Proposta sostenuta anche da esponenti della maggioranza ma fortemente avversata
dai Ds. Adesso, dopo che il pentito Cancemi, deponendo in Aula, ha accusato
Berlusconi e Dell’Utri di essere mandanti delle stragi di mafia del ’92-93,
il Ddl è tornato all’ordine del giorno: se ne discuterà domani.
Follieri è però intenzionato a mantenere l’emendamento. E
lancia la sfida: «Andiamo alla conta».
Eppure la riforma non è considerata la soluzione di tutti i
problemi. «Non bisogna farsi illusioni — dice Del Turco —. L’episodio
Cancemi non sarebbe risolto neppure da una legge perfetta. Ma esiste, mi
chiedo, un giudice che ricordi a Cancemi che compito di un testimone non
è fare sociologia e che lo incrimini, se è il caso, per calunnia
visto che le dichiarazioni si riferivano a deduzioni logiche?».
Roberta Miraglia
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