Flick,
dimissioni rientrate: ora garantite le mie riforme
da La Repubblica del 22.5.98
di CONCITA DE GREGORIO
ROMA - La colpa, la colpa. Bisognerà pur trovare un
colpevole a queste fughe imbarazzanti, incresciose -
pretendono a fronte aggrottata gli uomini di D’Alema, Mussi e Salvi,
anche loro convocati qui a palazzo Chigi alle otto e un quarto del mattino,
che poi Prodi deve andare dagli industriali, Flick alla festa della polizia,
tutti hanno altro da fare e il caso va chiuso in fretta, entro le dieci
al massimo, diciamo. Dunque, i colpevoli.
Posto che non è Flick, come dovrebbe risultare evidente dal
fatto che le sue dimissioni sono state respinte da Prodi e poi, ieri, ritirate
dal ministro medesimo con grande allegria di Scalfaro. Posto che il Guardasigilli
“non poteva evitare”, ed ha dunque semmai solo una “responsabilità
politica”, in quanto tale classificata come marginale in giorni di vigilia
elettorale, allora: di chi è la colpa se scappano Gelli e Cuntrera?
È una discussione vagamente surreale, questa che si svolge negli
uffici di Prodi di prima mattina, presenti tutti i capigruppo e qualche
vice della maggioranza, convocati allo scopo di convincere Flick che la
fiducia di cui gode non è solo quella di Prodi ma di tutte le forze
parlamentari che lo sostengono, come vede, e che perciò può
restare dov’è. Si discute di servizi segreti (non potrebbero lavorare
meglio, magari?) di “capacità di dialogo fra le macchine” (con tutti
questi computer, poi i fax restano sui tavoli. Cosa abbiamo informatizzato
a fare le procure, la Cassazione?). Flick si convince, secondo copione,
che l’imputato del giorno non è lui, Eppure non completamente, se
scrive a Prodi: “Non do corso alle dimissioni”, però vorrei verificare
“anche in sede parlamentare” se questa fiducia c’è e “se è
reale la volontà di accelerare i processi di riforma in corso”.
Io non rimango al mio posto, dice, “se la maggioranza non mi dà
garanzie ampie, se non mi fa fare fino in fondo il mio lavoro”. Una verifica
parlamentare, certo, forse già venerdì prossimo verso sera,
quando la Camera discuterà le due mozioni di sfiducia a Flick e
Napolitano presentate da Lega e Udr. “Le respingeremo - annuncia Mussi
- ma avremo lì occasione di chiarire tutte le nostre posizioni”.
Sarebbe meglio chiarirle, sì, annuisce Flick: a lui, spiega a Prodi,
la posizione del Ds risulta purtoppo chiara, e non collaborativa. Resistenze,
ritardi, incomprensioni. “Anche il fatto di non approvare tutti insieme
i provvedimenti del mio pacchetto, è un danno non a me: alla Giustizia”.
Ne sono stati approvati 8 su 15, di quei provvedimenti. Altri
3 arriveranno prima dell’estate, promettono i capigruppo qui riuniti. Subito,
già oggi, in consiglio dei ministri, si potrebbe vedere come tradurre
in obbligo quella direttiva Brancaccio che indica come muoversi in caso
di scarcerazione di un imputato in attesa di giudizio. Perché qualcuno
ha sbagliato, questa volta: qualcuno, appunto, avrà colpa. I servizi
segreti per esempio.
Mauro Paissan dà il via: “È una bizzarra concezione della
sicurezza quella in cui i Servizi spiano le persone per bene e non i latitanti”.
Micheli: “I servizi non c’entrano”. Salvi:
“Come non c’entrano? E chi deve controllare e pedinare allora i personaggi
pericolosi?”. Mussi, a Micheli: “Certo, meglio dire che non c’entrano piuttosto
che pensare che non siano capaci di farlo, o anche peggio”. E anche, Pisapia
(Rifondazione): “Non è il caso di ingolfare il Parlamento di nuove
leggi, applichiamo quelle che ci sono”. Certo, però: è difficile
applicarle se “le macchine non parlano fra loro”. Banche dati e computer
in Cassazione, al ministero, nelle procure e poi si procede coi fax, che
restano lì: allora era meglio il vecchio metodo, quando non c’ erano
i computer e i detenuti scarcerati venivano portati mater ialmente in questura,
all’ufficio “scarcerandi”. Così non si perdevano. Già,
certo, non si perdevano.
La discussione è finita, è ora di andare: le dieci. Flick
ha avuto la fiducia, e l’assicurazione che il suo pacchetto di norme sarà
esaminato in fretta, più in fretta. A scanso di equivoci, comunque,
avverte: “Sono norme che non hanno nessuna attinenza col problema delle
fughe”. Meglio dirlo prima.
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