Contro i ritardi della burocrazia servono controlli più razionali 

da Il Sole 24 ore del 23.4.99

di Marcello Clarich
Vincoli e intoppi a non finire; gli strali contro la burocrazia lanciati dal presidente del Consiglio Massimo D’Alema (al congresso della Lega delle cooperative: si veda «Il Sole-24 Ore» del 16 e 17 aprile), hanno colpito anche un’altra istituzione, la giustizia amministrativa, approdata proprio ieri, con l’approvazione del Senato, a un’importante tappa verso una pur parziale riforma delle procedure e dell’organizzazione».
Secondo il titolare di Palazzo Chigi, spesso accade che, una volta trovata con gran fatica la chiave per accelerare le procedure burocratiche necessarie per realizzare opere pubbliche, incomba un altro rischio: un’ordinanza del Tar che sospenda sine die opere e investimenti, volano dello sviluppo economico e dell’occupazione. La denuncia non è nuova, e anzi riprende e amplifica quelle lanciate in febbraio dal ministro dei Lavori pubblici, Enrico Micheli, contro i provvedimenti bloccacantieri.
La replica delle associazioni dei magistrati amministrativi non si è fatta attendere. Essi chiedono di potenziare gli organici dei giudici amministrativi, oggi sottodimensionati rispetto a una domanda di giustizia cresciuta in modo esponenziale; di razionalizzare il lavoro all’interno dei Tar e del Consiglio di Stato in modo da assicurare standard elevati di produttività (il controllo di gestione non è affatto incompatibile con il «servizio pubblico» giustizia); di riformare la pubblica amministrazione, perché è la debolezza di quest’ultima a favorire gli strascichi giudiziari (atti amministrativi di cattiva qualità sono un terreno di caccia ideale per gli avvocati). Nel settore degli appalti e delle opere pubbliche, inoltre, le norme vigenti prevedono già un rito accelerato che, secondo le dichiarazioni dei magistrati, consente di sfornare sentenze definitive entro otto mesi. le cosiddette sospensive, poi, non sarebbero un evento così generalizzato, posto che il giudice amministrativo, prima di concederle, soppesa con attenzione gli interessi in gioco e in special modo quello dell’amministrazione. Ma al di là di tutto, ammonisce il giudice amministrativo Linda Sandulli, «in nome della celerità non si può pensare di eliminare il controllo giurisdizionale».
È proprio questo il punto: riformare e razionalizzare i controlli giudiziari sugli atti di ministeri, enti locali, authority e altri apparati burocratici, sì; sopprimerli no, almeno fin tanto che il nostro si atteggi a Stato di diritto, nel quale anche le amministrazioni devono rispettare le leggi.
Così ricostruite, le polemiche di questi giorni potrebbero avere risvolti positivi, oltre che sul versante delle riforme amministrative in attuazione delle cosiddette leggi Bassanini (si veda il commento di Sabino Cassese su «Il Sole-24 Ore» del 18 aprile), sulla revisione del processo amministrativo. Il disegno di legge del Governo di razionalizzazione della giustizia amministrativa, presentato quasi un anno e mezzo fa e approvato l’estate scorsa dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, ha finalmente ottenuto ieri il voto finale del primo ramo. Per superare scogli e trabocchetti nel prosiego dell’iter alla Camera (D’Alema non ha sottolineato che, a monte delle pastoie burocratiche e giudiziarie, ci sono anche quelle legislative) occorre un forte impegno del Governo e dei gruppi parlamentari. Anche se non «porta voti», e dunque non può suscitare entusiasmi tra i parlamentari, rimettere in sesto la giustizia amministrativa è interesse di tutti. La riforma dota il giudice amministrativo di strumenti processuali più agili; ordinanze cautelari adottate in caso di estrema urgenza dal presidente del Tar anziché dal collegio, fusione della fase cautelare con quella di merito, motivazione succinta delle sentenze.
Il testo approvato dal Senato non ha invece recepito la proposta, caldeggiata dallo stesso Consiglio di Stato, di istituire sezioni stralcio per smaltire l’arretrato. Un arretrato che riguarda non tanto i maxiappalti o le liti tra i grandi gestori di servizi (telecomunicazioni, energia) già inserite in corsie preferenziali, quanto il pubblico impiego, l’edilizia minore e tante altre questioni che interessano il cittadino comune.
Se è vero che per le liti minori è bene immaginare anche strumenti extragiudiziari di deflazione del contenzioso (camere di conciliazione o arbitrali) è altrettanto vero che la giustizia amministrativa, non può discriminare tra piccole e grandi questioni: la garanzia della legalità contro gli arbìtri dell’amministrazione e come argine allo strapotere della politica deve valere per tutti.