Tariffe, lo scontro si accende

da Il Sole 24 ore del 23.2.99

ROMA — Braccio di ferro sulle tariffe professionali. Dottori commercialisti e ragionieri hanno presentato ricorso al Tar contro la condanna dell’Antitrust, secondo la quale i due Consigli nazionali fissando minimi e massimi inderogabili hanno messo in atto intese restrittive della concorrenza.
In discussione, al di là della contestazione sulla ricostruzione effettuata dall’Autorità in relazione a un preventivo accordo tra i vertici delle categorie, è la legittimità dell’intervento del Garante della concorrenza e del mercato nei confronti dei Consigli nazionali. Che non possono essere considerati come associazioni di imprese, anche se — in via teorica e subordinata — per i singoli professionisti, «unicamente sotto il profilo dell’applicazione delle norme sulla concorrenza», è applicabile la qualifica di imprenditori.
Gli Ordini e i Consigli nazionali — contestano dottori e ragionieri — hanno essenzialmente fini di tutela e garanzia dell’interesse della collettività in relazione al corretto esercizio dell’attività, a cominciare dal controllo dell’abilitazione a svolgerla, fino alla disciplina delle tariffe. I Consigli nazionali — si legge nel ricorso dei dottori commercialisti — nel sistema istituzionale italiano sono enti pubblici di tipo associativo che agiscono sotto la vigilanza dell’amministrazione dello Stato. La determinazione delle tariffe, che risponde al duplice obiettivo di garantire il livello qualitativo della prestazione e di offrire al cittadino un parametro di valore, è prevista nell’interesse pubblico. Tanto che nel processo intervengono diversi organi e l’Autorità pubblica si riserva, in ultima istanza, di contemperare i diversi punti di vista.
Questione-tariffe anche all’attenzione del Consiglio nazionale forense, che si è riunito sabato. Sul tavolo un corposo dossier che tiene conto del dibattito generale sulla riforma, del rinvio alla Corte di giustizia Ue delle tariffe degli avvocati (si veda «Il Sole-24 Ore» del 20 febbraio) e del problema dell’"invecchiamento" di minimi e massimi. Oltre alla scelta dei commercialisti di rendere derogabili i minimi.
Il Cnf ha rinviato l’approfondimento a una riunione che si terrà il 26 febbraio. All’ordine del giorno l’opportunità di dare mandato al presidente di contattare gli organi ministeriali competenti per aprire la procedura di aggiornamento delle tariffe. Un aggiornamento che potrebbe portare anche a una revisione più approfondita, al di là dell’adeguamento dei valori, per il settore penale.
Per gli avvocati, infatti, non sembra in discussione il principio di dover fare riferimento a tariffe inderogabili nell’esecuzione delle proprie prestazioni. Interventi, in genere, obbligatori, per i quali al cittadino non viene offerta possibilità di rivolgersi a un altro soggetto. Gli avvocati ricordano che anche il disegno di legge di riforma delle professioni prevede le tariffe per prestazioni obbligatorie. Resta la necessità di rilegittimare le tariffe minime come strumento di garanzia di qualità della prestazione per il contribuente.
La categoria si prepara, poi, pur su una posizione meno rigida sul fronte tariffe, a proporre, attraverso un emendamento al ddl sulla professione forense, l’esclusiva anche per la consulenza che viene esercitata professionalmente e continuativamente. 
Maria Carla De Cesari
Jean Marie Del Bo