Le regole della giustizia Mancino: le fa la politica 

da Il Giornale di Sicilia del 23.1.99

PALERMO. Le riforme? Occorre il dialogo tra i poli. Mentre ora siamo alla paralisi. Giustizia? La politica difenda la legalità.
Parla di impenetrabilità dei corpi, Nicola Mancino, a proposito degli rapporti (o dei non rapporti) tra maggioranza e opposizione. Il presidente del Senato, ieri ai cantieri culturali della Zisa, ha preso appunti per tutto il pomeriggio, durante il dibattito per la presentazione del libro di Giuseppe Gargani, ex parlamentare prima Dc, poi Ppi, e del giornalista Carlo Panella sulla giustizia: ‘In nome dei pubblici ministeri’. ‘Le riforme vanno riprese però c’è bisogno di disponibilità tra le parti’, continua il presidente del Senato Nicola Mancino. Il presidente Mancino non esclude la possibilità di una nuova legge elettorale prima dei referendum. L’indizione del referendum - ha detto Mancino - non impedisce l’attività parlamentare. Se le forze politiche convergono, si possono fare leggi elettorali purchè non contraddittorie con il contenuto referendario. Il Parlamento non ha limiti’. Il problema, per le riforme, è la mancanza di un accordo tra le parti: ‘Non sembra che si sia aperto un confronto tra maggioranza e opposizione - ha continuato Mancino -. Mi dispiace perchè reputo il confronto un metodo produttivo di effetti positivi perchè spesso sui contenuti c’è convergenza ma c’è anche una sorta di paralisi e questo è un danno complessivo al sistema’. Mancino non vede nero: ‘Auspico comunque che dopo il referendum ci sia un confronto tra maggioranza e opposizione - ha aggiunto Mancino - e quindi una possibile convergenza tra le parti’. Mancino vola a Palermo, e difende i vespri siciliani: Il presidente si dice favorevole al ritorno dei militari nell’isola. ‘Sono stato il coautore dell’invio dell’esercito in Sicilia, nel lontano 1992 - ha detto Mancino - e continuo a ritenere che abbia prodotto dei risultati apprezzabili’. E il discorso scivola, quasi per caso, sulla questione giustizia. Argomento: il carcere duro per i boss, ‘il 41 bis - ha detto Mancino - è una norma che ha prodotto molti buoni risultati’. Parte da una data l’intervento di Marcello Pera, il 29 gennaio dell’anno scorso.
Pera, illustrando per sommi capi il libro di Gargani, ricorda: ‘Quel giorno il presidente di Anm, Elena Paciotti, espresse il “veto” sulla bicamerale. E ne sancì la fine’. Tre i ‘fenomeni degenerativi’, su cui riflettere, secondo Pera: un sindacato assume la veste di potere dello Stato; un potere (quello della magistratura) pone il veto sull’attività di un altro potere (quello del Parlamento, in sede costituente); il capo dello Stato, garante degli equilibri costituzionali, accetta la posizione delle parti in causa. Pera attacca ‘la proposta di Caselli di un tavolo di negoziazione tra politici e magistrati’. Caselli  immediatamente replica: ‘Mai parlato di negoziazione’. Semmai, il procuratore di Palermo rilancia la proposta di un ‘tavolo’, al quale concorrano politici di tutte le estrazioni, avvocati e magistrati ‘per uscire da un clima di rissa, che non è positivo per la giustizia’. D’accordo Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della Sera, a proposito del tavolo: ‘Non è consociativo, ma uno strumento utile per uscire da una situazione complessa’. ‘È stato un errore non realizzarlo e sarebbe possibile attuarlo - ha concluso - purchè chi vi si siede faccia autocritica’. Caselli ha detto di essere precoccupato che la riforma dell’art. 192 possa ‘cancellare il riscontro incrociato nelle dichiarazioni dei pentiti. Se così fosse - ha proseguito - si tornerebbe indietro nel tempo, a prima del maxi processo’. Il procuratore ha quindi ricordato che i processi di mafia sono ‘totalmente diversi’ dagli altri ‘perchè in essi, ad esempio, non esiste il morto (pensate ai corpi sciolti nell’acido). Non esistono gli assassini, a volte fatti uccidere dagli stessi mandanti, non esistono testimoni, vedi l’omertà, il ricatto, la corruzione, che costringono i testimoni a tacere. Senza un riscontro incrociato dei pentiti non si potrebbero concludere i processi’. Caselli ha anche osservato che quando si accerta i collaboranti si sono messi d’accordo, allora ‘bisogna prenderli a calci nel sedere’, ma - ha concluso- ‘se le dichiarazioni sono genuine non vedo perchè non debbano essere utilizzate, nel riscontro incrociato, come elemento di prova’. Ed ecco il nodo, della convivenza di politici e magistrati nel sistema-Italia. ‘La difesa della legalità spetta alla politica e al Parlamento, mentre al giudice tocca di colpire chi la viola. Ci sono invece - ha aggiunto Mancino - dei punti da discutere per realizzare un effettiva parità nel processo penale tra
accusa e difesa. Contro la corruzione ‘il legislatore deve impegnarsi - ha ammonito il Presidente del Senato - con adeguata normativa, mentre contro il singolo corrotto deve intervenire il giudice penale’ ma le prerogative delle politica e della rappresentanza parlamentare non possono essere intaccate. Nell’esercizio dell’azione penale occorre evitare di trasformare il potere di indagine sul singolo fatto delittuoso in un potere di inchiesta su un intero fenomeno’. Mancino enuncia le linee di intervento, che ritiene in testa alle priorità. ‘Sul fronte delle indagini, gli organi di polizia devono avere una maggiore sfera di autonomia’. Mancino si è poi mostrato perplesso sulla proposta di fare stabilire dal Parlamento le priorità nell’esercizio dell’azione penale. Infine, ‘riti alternativi non hanno funzionato nelle proporzioni previste e perciò sul dibattimento si sono scaricati migliaia di processi di difficile gestione’. Pertanto ‘il sistema processuale nella sua applicazione è divenuto un disorganico coacervo di norme contradddittorie, inidonea a funzionare secondo principi di efficienza e garanzia’. ‘Il vero
garantismo - ha sottolineato Leoluca Orlando - è che ciascuno faccia la propria parte nel rispetto delle regole’. Orlando non risparmia colpi di fioretto: ‘Per l’informazione esistono precise responsabilità e c’è un sistema di regole che spesso la categoria non riesce a far rispettare al proprio interno’. Alessia Bivona