I parlamenti Ue varano la moratoria delle leggi 

da Il Sole 24 ore del 23.5.99

(DAL NOSTRO INVIATO)
LISBONA — «Opzione zero». Può sembrare un paradosso che un Parlamento, che per definizione è il luogo deputato a produrre leggi, si dia come regola di condotta quella di favorire una politica non legislativa. Vale a dire, di legiferare solo quando è strettamente necessario, assumendo su di sé l’onere della prova della necessità dell’intervento legislativo. Eppure, l’«opzione zero» guiderà, d’ora in poi, l’azione dei Parlamenti europei. Perché il problema dell’eccessiva quantità delle leggi, spesso di qualità scadente nonostante la lunghezza dei tempi di approvazione, della loro complessità e conoscibilità, non è solo un problema italiano ma di tutti i Parlamenti d’Europa, che nell’era della globalizzazione rischiano di perdere la loro autorevolezza. Perciò, riuniti a Lisbona da giovedì a sabato, i presidenti dei Parlamenti europei hanno deciso di voltare pagina e di accettare la sfida imposta dalla globalizzazione, puntando alla semplificazione legislativa. Che non è problema esclusivamente tecnico, ma squisitamente politico. E perciò richiede integrazione e cooperazione istituzionale, a livello nazionale ed europeo.
La sfida parte dunque da Lisbona, ma è maturata in due anni, durante i quali il tema della qualità e della semplificazione legislativa è stato approfondito da un gruppo di lavoro, costituito in occasione della Conferenza di Helsinki tra i presidenti dei Parlamenti di Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna e del Parlamento europeo, coordinati dal presidente della Camera, Luciano Violante. Il risultato di questo lavoro è un documento in cui si analizzano le cause della «complessità normativa», distinguendo quelle «ineliminabili, perché connesse alla complessità sociale, e quelle eliminabili, perché frutto di disordine normativo o del mancato ammodernamento del sistema di produzione di norme legislative e amministrative». Ma il documento contiene anche alcuni «suggerimenti» ai singoli Parlamenti, sui quali si è sviluppato il confronto nella Conferenza di Lisbona e su cui ha tirato le fila Violante con la sua relazione di ieri, nella quale ha rilanciato, appunto, l’«opzione zero». 
L’esigenza di un mutamento di ruolo dei Parlamenti è stata ribadita, in apertura dei lavori, dal presidente della Camera dei deputati di Spagna, Federico Trillo­Figuero. «La globalizzazione ha aperto un vasto dibattito sul futuro della democrazia parlamentare», ha ricordato Trillo, secondo cui il Parlamento, per rimanere al centro del sistema, dovrà cambiare, «adeguandosi ai ritmi imposti dall’attuale società», in cui «il tempo si divide in millesimi di secondo» mentre il Parlamento «ha bisogno di mesi — anzi di anni — per approvare un testo legislativo».
Anche Violante, ieri, è partito dalla considerazione che il contesto globalizzato «mette in discussione l’antico primato della politica sull’economia e introduce nella vita dei nostri Parlamenti le esigenze della velocità e della flessibilità». Perciò, il Parlamento del XXI secolo non potrà più permettersi di sopportare i costi elevati che comporta una legge: tempi lunghi di approvazione, rispetto alle esigenze dei cittadini; alto grado di compromesso politico; necessità che la pubblica amministrazione si adegui alle nuove prescrizioni; incertezza nei rapporti giuridici derivante dall’inserimento di ciascun nuovo intervento legislativo in un sistema già inflazionato. Costi che vale la pena di pagare soltanto quando sono in gioco scelte di particolare rilievo politico. «I Parlamenti debbono pretendere — ha detto Violante — che queste scelte siano oggetto di deliberazioni legislative e perciò devono ottenere dagli esecutivi gli elementi di conoscenza necessari. Al tempo stesso essi dovrebbero farsi promotori di forti programmi di semplificazione per tutta la normativa di dettaglio, favorendo, ovunque possibile, forme più flessibili di regolazione o, quando opportuno, la cosiddetta "opzione zero" e cioè politiche che preferiscano interventi non legislativi». Il che esige una forte collaborazione istituzionale, che coinvolga le istituzioni sovranazionali, i governi, le autonomie locali, le autorità indipendenti e il potere giudiziario.
Donatella Stasio