E il magistrato cambiò nome al piccolo Zébulon

da Il Corriere della sera del 23.5.99

PARIGI - Ancora una volta la Francia ci supera e, nella dilatazione del potere giudiziario, affida al magistrato persino l'onomastica. Noi italiani abbiamo avuto giudici, a Brescia e ad Ancona, che hanno estromesso i genitori e hanno ordinato amputazioni e chemioterapie forzate ai bimbi malati. Abbiamo, a Torino, un giudice che ha indagato «a tappeto» su quei calciatori che ebbero la sventura di morire giovani, come il famoso terzino della Juve Andrea Fortunato che fu stroncato dalla leucemia nel 1995. Noi italiani abbiamo affidato ai giudici la scienza e la storia, la sessualità e la politica, ma non avevamo immaginato che i giudici potessero cambiare i nomi ai nostri figli come è accaduto nella città di Besan´on dove è stato stabilito con una sentenza che il piccolo Zébulon Renaudin, «di mesi cinque, cessi di chiamarsi Zébulon e si chiami invece Bertrand». Non avevamo pensato a un sostituto procuratore che insegue e persegue il delitto di chiamarsi Zébulon o, magari, Barabba e, perché no?, Crocifissa e Catena, che, difficili da portare, sono molto diffusi nel Sud d'Italia. 
E invece a Besan´on, ogni mattina, il sostituto procuratore cerca la sua notitia criminis nel giornale, «L'Est Républicain», lo stesso che con passione e fantasia gli porta fatti nuovi su cui pensare e discutere, lo informa sui morti ammazzati, le guerre e gli incidenti sulle strade. Ma è solo la rubrica delle nascite che risveglia l'investigatore e accende il giustiziere. Difatti il 9 gennaio scorso, il procuratore si è imbattuto nel suo bel delitto. Il giornale salutava la venuta al mondo del piccolo Zébulon, di quasi quattro chili, due grandi occhi scuri, figlio di Estelle e Pierre-Alain Renaudin. «Zébulon?». Il giudice non ha pensato né allo Zébulon della Bibbia né alla città della Carolina del Nord. Il solo Zébulon che gli è venuto in mente è un vecchio personaggio della tv francese, un giardiniere con due baffoni neri e una molla sotto il sedere. Lo Zébulon televisivo si spostava a balzi, esprimeva la propria meraviglia ripetendo «tournicoti, tournicota» e giocava con un grosso cane di nome Pollux, che abbaiava con un accento very british. In sintesi Zébulon è un simpatico ricordo della Francia di mezza età, un programma degli anni Cinquanta e Sessanta sconosciuto alle nuove generazioni, l'equivalente italiano della Nonna del Corsaro Nero e, più tardi, di Braccobaldo. Un protagonista, insomma, della televisione ingenua, arcaica, ben lontana dalla televisione violenta contro cui si sono scagliati Popper e il Papa. Nulla a che fare con gli eroi di oggi, con i draghi giapponesi che massacrano i cattivi fracassando teste e strappando occhi o con i bizzarri transessuali come Ranna, il quale si immerge nell'acqua e si trasforma in una sensualissima e volgarissima signorina con seni prorompenti e capelli rossi. 
E tuttavia, due mesi dopo la pubblicazione sul giornale della nascita del piccolo, il signor Pierre-Alain Renaudin fu convocato, con cautela e discrezione, al commissariato di polizia. L'avviso era vago ma inquietante: «Per un problema concernente suo figlio Zébulon». Con i tempi che corrono qualsiasi padre per bene si sarebbe spaventato: «Meno male che, a pochi mesi di vita, mio figlio non poteva avere ancora commesso nessuna leggerezza». Non senza comprensione, il commissario spiegò ai genitori che una legge del 1993 ordina all'ufficiale di stato civile di segnalare alla Procura della Repubblica tutti quei casi nei quali la scelta del nome potrebbe nuocere al futuro del bambino. Ma che questa volta, addirittura, il sostituto non aveva avuto nessuna segnalazione ma aveva, appunto, letto il giornale. Il commissario aggiunse che il fascicolo era nelle mani del giudice per gli affari matrimoniali, il quale avrebbe deciso in tempi brevi. E infatti la sentenza è arrivata giovedì scorso: «L'attribuzione del nome Zébulon, viste le sue referenze televisive, sarà con tutta evidenza causa di inevitabili sarcasmi e prese in giro di cui il bambino non potrà non soffrire. Si ordina dunque...». 
Papà e mamma di Zébulon per la verità non conoscevano il programma televisivo. Ma hanno scelto Zébulon in onore di un giovane alpinista che alcuni anni fa aveva scalato la cima dell'Himalaya: «Io sono un appassionato di montagna e quell'alpinista mi aveva fatto sognare. Non capisco cosa ci sia di male nel portare un bel nome biblico come Zébulon. Sicuramente è meglio di certi nomi che circolano in questi tempi, dei vari Goldorak o Candy. Non so se questa decisione sia più ridicola o più ingiusta». E preparandosi a nuove battaglie giudiziarie i genitori di Zébulon- Bertrand hanno già trovato due omonimi, uno Zébulon di tre anni a Bordeaux, e uno di 31 anni a Parigi: «Il mio nome mi ha sempre procurato molta simpatia e mi ha aiutato a fare amicizie. Sono pronto a dirlo ai giudici, se quei genitori faranno appello». 
Ma per i genitori non è consolante neppure l'idea di vincere in appello. Loro vorrebbero un po' di più e un po' di meno: vorrebbero sottrarre ai giudici il nome del loro bambino. Non c'è nulla di certo infatti nell'affidare al dilagante «imperialismo giudiziario» anche l'onomastica, vale a dire il potere arcaico di «nominare», un potere che una volta era regolato dalla tradizione, dalla religione, dall'ideologia. Qualche esempio? Un giudice di quelli che leggono la storia al contrario, con spirito, diciamo, rivoluzionario, approverebbe il nome «Catilina» che sarebbe invece un'infamia per un giudice di cultura ciceroniana. E chi apprezza il regicidio ammetterebbe il nome «Bruto» che sarebbe orribile per gli estimatori di Cesare. Pensate all'Italia, pensate se i giudici cominciassero a intervenire sui padri che ancora insistono con certi nomi: Benito, per esempio, e magari anche Bettino. 
di FRANCESCO MERLO