Il
suo processo? Ripassi nel 2008
da Il Messaggero del 23.3.99
di ITALO CARMIGNANI
PERUGIA - Luigi Macchia, procedimento numero 4630 per una lite tra
confinanti, non saprà mai se e come finirà la sua causa:
dopo dieci anni di rinvii e ritardi è morto, mentre il suo processo
è ancora in piedi. Non è il solo, in due anni a Perugia è
successo ad altri nove, perché la Giustizia oramai sopravvive solo
a se stessa. Colpa solo di ruggini burocratiche? Di lentezze fisiologiche?
Di problemi irrisolvibili e gaudiosi come l’origine del mondo? Pare di
no, colpa anche di chi ce la mette tutta per frenare una macchina già
ferma. Chi è? Stavolta rispondono gli avvocati: responsabili sono
gli stessi uffici giudiziari, i magistrati, i giudici, i cancellieri e
gli impiegati. L’Ordine forense perugino ha deciso si sedersi al capezzale
della Giustizia con una pistola in mano. L’accusa di malagiustizia ha un
nome e un cognome: ci sono processi di serie A in cui sono imputati personaggi
eccellenti che hanno corsie preferenziali e procedimenti di serie B di
normali cittadini che puntalmente passano lungo le strade secondarie. Una
legge a due velocità con forti sospetti di protagonismo, almeno
secondo gli avvocati, e inclinazioni verso sistemi sudamericani.
Alla fine gli avvocati presero la parola e più che critiche
pacate è un fuoco di fila. Anche verso sistemi che avrebbero dovuto
aiutare la Giustizia e che invece si sono dimostrati dei fallimenti. A
cominciare dalle sezioni di stralcio dei processi civili.
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