Ma
Fita ribadisce: «Professioni come imprese»
da Il Sole 24 ore del 23.3.99
ROMA — Una liberalizzazione che «consenta di svolgere le attività
professionali sotto qualunque forma e, soprattutto, sotto forma di impresa».
Questo il senso dell’intervento di Ennio Lucarelli, presidente di Fita
(Federazione del terziario avanzato), che ha aperto a Palazzo Chigi gli
interventi delle categorie sulla riforma delle professioni.
Lucarelli ha sottolineato la propria contrarietà a una disciplina
«indistinta» delle società professionali: «Al
contrario — ha detto — bisogna tenere conto dei diversi tipi di società,
che hanno distinte esigenze operative, per permettere a ogni professione
di essere esercitata nella dimensione più opportuna, in funzione
del contenuto dell’attività e del mercato cui è rivolta».
Il presidente di Fita ha precisato che «se per alcuni tipi di società
si può convenire sulla necessità di porre limiti all’ingresso
di soci di capitale, questo criterio non può invece valere per le
società che operano in aree tecniche. Per queste, infatti, è
essenziale poter disporre di capitali tali da permettere il raggiungimento
di quelle dimensioni adeguate a fronteggiare i concorrenti esteri».
In quest’ultimo caso per Lucarelli «diventa indispensabile che la
norma non ponga limiti al ricorso di capitali esterni».
«Professioni come impresa». Un’equivalenza ribadita anche
da Massimiliano Di Torrice, da gennaio presidente dell’Oice (l’Organizzazione
che raggruppa le società di ingegneria), favorevole «all’autorganizzazione
imprenditoriale dei professionisti, in linea con quanto previsto dalla
Merloni-ter». Quanto agli Ordini, per Di Torrice non c’è dubbio:
«O rimangono enti pubblici, ma con compiti e limiti precisi, oppure
diventano associazioni private e allora, come tali, dovranno mettersi in
concorrenza».
M.Pe.
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