Rapine e omicidi, aggravanti estese 

da Il Sole 24 ore del 23.9.99

ROMA — Quando la rapina si tramuta in omicidio, con l’uccisione di chi vi si oppone, scatta l’estensione delle aggravanti del pieno concorso nel delitto anche ai complici che non partecipano direttamente all’azione criminale, ma che conoscono la micidialità delle armi usate dai correi e la possibile reazione delle forze dell’ordine o delle vittime.
Il principio è contenuto in una sentenza della Cassazione di condanna dei banditi sardi che, il 16 agosto 1995, nel tentato assalto a un portavalori, provocò la strage di Chilivani, culminata nell’uccisione di due carabinieri e di due pregiudicati. La Corte, nel confermare la pena dell’ergastolo per tre componenti della banda spiega perchè ha ritenuto di confermare la pena, già emessa dalla Corte di assise di Sassari, anche per due fiancheggiatori, condannati a 25 e 20 anni di reclusione pur non avendo preso parte diretta al crimine. Per i supremi giudici condivide le responsabilità degli esecutori del delitto anche chi, dando adesione a un piano originario di rapina, sa però che gli eventi possono precipitare nel sangue.
L’affermazione di principio viene fatta dalla Cassazione con un certo contrasto con l’articolo 118 del Codice penale. La norma prevede che la valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti sia fatta solo in relazione alle persone cui il reato si riferisce direttamente. Ma a sostegno della sua decisione la Cassazione ricorda precedenti verdetti nei quali si è stabilito che «in tema di valutazione delle circostanze nell’ipotesi di concorso di persone nel reato, deve ritenersi che, pur se non sufficiente la mera conoscibilità perchè l’aggravante della premeditazione possa comunicarsi al concorrente nel reato, la conoscenza effettiva da parte sua invece legittimi l’estensione dell’aggravante stessa». E questo modo di aggirare l’articolo 118 la Corte lo ha ora esteso anche ai «progetti criminosi progressivamente orientati», quelli che finiscono nell’omicidio.