"La
Cassazione è al collasso"
da La Stampa del 24.4.99
Giovanni Bianconi
ROMA
Ciascuno di loro, dicono le statistiche, redige in media un provvedimento
al giorno per ogni giorno lavorativo, e in un anno partecipa alla definizione
di 1500 processi. Di più, assicurano, non possono fare, eppure il
cumulo di lavora aumenta. E allora? Allora si riuniscono in assemblea -
parola che suona un po' fuori luogo nei corridoi altissimi e stantii del
"palazzaccio" di piazza Cavour - e chiedono a governo e Parlamento di intervenire
in fretta per salvare ciò che sono e rappresentano: la Corte Suprema
di Cassazione, massimo custode del diritto e della corretta applicazione
della legge.
A chiamarli a raccolta è stato il primo presidente Ferdinando
Zucconi Galli Fonseca, un signore che a meno di tre mesi dalla pensione
(e a sette dalla nomina, avvenuta a ottobre '98) sta tentando una piccola
rivoluzione, di cui l'assemblea generale degli "ermellini" - la prima dopo
diciotto anni - è uno dei segnali. Di fronte al capo dello Stato,
ai presidenti delle Camere e al ministro della Giustizia, Zucconi lancia
il suo grido d'allarme: lo "stato insoddisfacente della Corte", dice, è
sotto gli occhi di tutti, e "si riversa sull'intero sistema giudiziario
italiano". E se finora, bene o male, l'istituzione ha comunque retto, adesso
"si è giunti a una soglia critica". Il lavoro è troppo, "a
causa dell'ammissione generalizzata dei ricorsi e del flusso incessante
di una legislazione ambigua e mai consolidata".
E' mai possibile, chiede il primo presidente, che ad intasare gli uffici
del "palazzaccio" debbano arrivare perfino i ricorsi contro gli ordini
dei Questori che vietano l'ingresso degli ultras violenti negli stadi,
o le lamentele di ogni detenuto al quale viene negato un permesso? A pensarla
così sono praticamente tutti i giudici (anche il ministro dà
loro ragione), e al primo punto del documento finale finisce la richiesta
di riformare l'articolo 111 della Costituzione, che oggi non pone limiti
alla proponibilità dei ricorsi.
Gli "ermellini" vorrebbero "un sistema di filtri che consenta alla
Corte di decidere in pubblica udienza soltanto i ricorsi che pongano questioni
di diritto e di particolare rilevanza". L'auspicio è che l'accordo
trovato nella commissione Bicamerale per una riscrittura di quell'articolo
(ricorsi possibili "solo nei casi previsti dalla legge") possa essere recuperato
nella discussione per l'inserimento nella Costituzione dei princìpi
del "giusto processo". Ma anche altre riforme di sostanza vengono chieste
al potere esecutivo e legislativo, mentre l'idea di rendere esecutive le
sentenze conformi dopo due soli gradi di giudizio viene bocciata nella
votazione per alzata di mano, ripetuta due volte per non sbagliare i conti.
Ascoltate le quattro relazioni volute dal primo presidente, i giudici
si susseguono al microfono per interventi che Zucconi limita inderogabilmente
ai cinque minuti previsti, e ritornano anche i temi "caldi" sollevati dalle
recenti sentenze che hanno destato polemiche o scandalo: dallo stupro in
blue jeans ai video porno mostrati ai bambini, fino alla violenza sulla
donna incinta. I magistrati che hanno materialmente redatto quei verdetti
difendono il loro operato - "con le leggi vigenti non potevamo fare altro"
- ma c'è pure qualcuno che dalla tribuna dell'aula magna denuncia
"un certo scollamento della Cassazione dalla società".
A dirlo forte e chiaro è Gabriella Luccioli, uno dei ventidue
giudici con la gonna che lavorano alla Corte suprema, prima donna a sedere
su uno scranno del "palazzaccio", nel 1990. Quando Zucconi, inesorabile,
le toglie la parola perché i cinque minuti sono scaduti, la signora
giudice fa in tempo ad auspicare "uno sforzo di riflessione che metta in
discussione i nostri schemi culturali, talvolta superati". La platea, fatta
in gran parte di grisaglie e teste canute o calve, applaude.
La "riflessione collettiva e pubblica" voluta dal primo presidente
significa pure necessità di autocritica; proprio Zucconi, qualche
settimana fa, aveva scritto ai giudici lamentando che troppo spesso le
loro sentenze entrano nel merito dei processi, mentre compito della Cassazione
è quello di limitarsi al giudizio di legittimità. Rilievo
(e non era il solo) che aveva suscitato qualche malumore tra i giudici
di piazza Cavour.
Nel documento finale vengono inserite nuove "misure organizzative"
per razionalizzare e sveltire il lavoro, come quella che prevede la "redazione
di motivazioni concise". Al Csm viene poi raccomandato di "privilegiare
i requisiti attitudinali e di merito" nella nomina dei giudici di Cassazione,
che significa non tenere conto solo dell'anzianità dei candidati
e non trasformare la Corte nel "rifugio" di magistrati sottoposti a trasferimento
d'ufficio. Anche questa sarebbe una rivoluzione, e nemmeno tanto piccola.
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