"Abolire
l'appello" Ma Diliberto dice no
da La Stampa del 24.2.99
ROMA. Antonio Di Pietro e i deputati di "Italia dei Valori" hanno avuto
un'idea fulminante per semplificare la macchina della giustizia e ridurre
i tempi lunghi dei processi: eliminare, o quasi, il ricorso in appello
dopo una condanna di primo grado. Di Pietro illustra così la filosofia
del provvedimento: "Ho fatto il poliziotto, il pm, il testimone, l'indagato,
l'imputato, la parte lesa e l'avvocato. Mi manca solo di essere responsabile
civile. Per mia esperienza ho capito che bisogna combattere per un giusto
processo con parità tra accusa e difesa. Perché anche noi
vogliamo il giusto processo, che significa tutela non solo dell'imputato,
innocente fino alla sentenza definitiva, ma anche per le vittime. Tutti
devono essere garantiti. Il nostro movimento si batte per ridurre i tempi
dei processi, per modificare le strutture troppo farraginose e riformulare
il codice di rito. Questa proposta mira a a evitare che si ricorra in secondo
grado solo per ritardare i tempi".
Più "tecnico" l'intervento di Elio Veltri: "Quando il 60 per
cento dei delitti cade in prescrizione e quando le pene diventano aleatorie,
la giustizia viene negata. Con la nostra iniziativa non intendiamo abolire
il secondo grado di giudizio, ma limitare il diritto all'appello".
In pratica, se mai questa proposta diventasse legge, un condannato
in primo grado potrebbe ricorrere in appello solo ed esclusivamente avendo
nuove prove a suo favore. Oppure convincendo la corte d'appello che nel
processo precedente una prova decisiva era stata ignorata.
La proposta, indubbiamente rivoluzionaria, piace al procuratore aggiunto
di Torino, Marcello Maddalena. "Dato che oggi il processo di appello si
fa sulle carte e non con un dibattimento, mantenere il grado di appello
così com'è è indice di mentalità inquisitoria
e non accusatoria".
L'idea incontra invece l'immediata e netta contrarietà del ministro
di Grazia e Giustizia, Oliviero Diliberto: "L'appello? E' una garanzia
sostanziale di grande valore che siano due diversi giudici a intervenire
su un medesimo caso. La statistica ci dice che il 50 per cento dei processi
d'appello rivede le sentenze del primo grado. E' un punto non secondario.
L'appello resta una garanzia essenziale per i cittadini. Ma il problema
delle prescrizioni e della giustizia da decongestionare naturalmente resta.
Io lavorerei piuttosto sulla Cassazione. La nostra Costituzione non prevede
che sia un altro grado di giudizio. Non dovrebbe essere un terzo grado
di giudizio anche se sappiamo che è diventato così. E poi
c'è da depenalizzare in molte materie".
Sostiene a sua volta Sebastiano Neri, responsabile giustizia di Alleanza
nazionale: "Non ci sentiamo di appoggiare questa proposta. Ci sentiamo
in questa occasione più vicini al ministro".
Ma evidentemente le ricette garantiste vanno in direzione opposta a
chi è disposto a rinunciare a qualche garanzia. Il pm milanese Piercamillo
Davigo, ad esempio, ieri tuonava a un convegno milanese: "In Italia c'è
il rischio di attirare criminalità dall'estero perché c'è
un rischio minore di finire in galera".
Davigo ieri ha saputo di essere stato rieletto nel comitato direttivo
dell'associazione magistrati per un soffio: ultimo eletto nella sua lista,
con 283 preferenze ha rischiato di perdere il posto a favore di Cosimo
Maria Ferri, giovanissimo uditore giudiziario, figlio dell'ex ministro
dei Lavori Pubblici.
Francesco Grignetti
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