Esami per avvocato. Tutti d'accordo: «Formula da cambiare»

da Il Corriere della sera del 24.6.99

Una cosa, l'unica, su cui sono tutti d'accordo c'è: «Il sistema che stabilisce chi può fare l'avvocato e chi no così com'è non va bene». Detto questo, all'indomani della «rivolta» annunciata per la strage che c'è stata quest'anno all'esame professionale (82,5% di bocciati a Milano contro una media nazionale del 30, e mancano ancora gli orali), ricette e analisi cambiano parecchio, a seconda di chi le fa. 
C'è il presidente dell'Ordine, l'avvocato Paolo Giuggioli, a sostenere che «la severità o meno dipende dalle commissioni, non da una "quota" prestabilita: l'anno scorso ad esempio passò oltre il 40%». 
Ci sono i rappresentanti delle varie Associazioni di praticanti che ribadiscono l'intenzione di presentare denunce penali, ricorsi al Tar, all'Antitrust, e persino al garante della privacy per l'affissione dei tabelloni. 
Ma c'è anche chi, pur ritrovatosi sabato nella lista scomoda dei 1700 bocciati, si distacca sia da una sponda che dall'altra. Come Sabrina Galmarini, 27 anni, tuttora praticante in uno degli studi più prestigiosi della città: «Giustissimo porre il problema, ma non è a colpi di ricorsi che lo si risolve». 
Chi ci aveva provato, in passato, non ha avuto grossa soddisfazione. Come Marco Brigliadori che nel '93 si «autodenunciò» per essere stato bocciato a Milano, promosso a Catanzaro, e infine puntualmente iscritto all'Ordine di Milano: «Non è anomalo un sistema che consente tutto questo?». La denuncia fu archiviata, anche perché a Milano c'erano state annate ben peggiori di quella: nell'85 i promossi furono il 2 per cento. 
«Il paradosso vero - sostiene però la Galmarini - è che anche quest'anno, se ne avessero promossi appena il doppio, non avrebbe protestato nessuno: come se il problema non esistesse». 
Invece? «Invece il punto è proprio questo: che l'accesso alla professione dovrebbe essere regolato da norme ancor più severe, finalmente serie. E rigorose per tutti». 
«Giusto», dice Paolo Giuggioli. E prosegue: «La selezione dovrebbe avvenire prima, è inutile far laureare in legge 100 persone se poi 90 vanno a fare i consulenti o gli impiegati. Presto faremo un convegno, con proposte concrete». 
La giovane praticante, che è anche assistente alla Bocconi, stringe le spalle: «Per alcuni aspetti, sarebbe già molto se applicassero le regole che ci sono già. Ci sono studi che prendono dieci praticanti, senza pagarli, per tenerli a far fotocopie: non sarebbe male se gli avvocati accettassero controlli su questo tema. Dopodiché si potrebbe andare oltre: magari con un numero chiuso già all'università, o con degli esami trimestrali di verifica durante il praticantato». E i ricorsi? «Preferisco prima vedere il mio scritto, e capire perché l'hanno respinto. Poi deciderò». 
P.F.,