Un alto magistrato accusa Carnevale La difesa: 'Solo acredine personale' 

da Il Giornale di Sicilia del 24.6.99

PALERMO. Corrado Carnevale avrebbe fatto pressioni per far assolvere i tre imputati del processo per l'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Non era a capo del collegio che doveva decidere, teoricamente non avrebbe avuto titolo per parlare: eppure avrebbe cercato di influenzare i colleghi. E secondo la Procura ci riuscì, visto che la sentenza di condanna fu effettivamente annullata per la seconda volta. La decisione suscitò sconcerto, visto che contro gli imputati c'erano una montagna di prove. Vincenzo Puccio, Armando Bonanno e Giuseppe Madonia (oggi solo quest'ultimo è vivo e sta scontando la pena) furono condannati dopo altri due processi, nel 1991. È più dirompente delle dichiarazioni di cento 'pentiti' di mafia, la testimonianza resa ieri pomeriggio dal giudice Antonio La Penna, al processo che vede Carnevale imputato di concorso in associazione mafiosa. La Penna, 70 anni, fece parte della prima sezione della Cassazione e oggi è presidente della Corte d'appello di Catanzaro. Per l'accusa il suo è il primo racconto 'dall'interno' di come si 'aggiusta' un processo. Uno dei particolari della deposizione è inquietante: nella stanza di Carnevale, prima del colloquio con lo stesso La Penna, ci sarebbe stato un personaggio sospetto, una specie di villano ben vestito, dall'accento siciliano. 'Carnevale gli fece cenno di uscire e lui lo fece, rimanendo dietro la porta...'. Per la difesa la narrazione è infarcita di contraddizioni e il teste sarebbe animato da acredine nei confronti dell'imputato. L'avvocato Raffaele Bonsignore ha chiamato a testimoniare tutti i giudici che La Penna ha citato come persone a conoscenza di quei fatti: a parte l'ex primo presidente della Cassazione, Antonio Brancaccio, che è morto, ci sono fra gli altri i presidenti di sezione Vella e Molinari, gli unici _ assieme a Brancaccio _ cui il teste aveva confidato questi fatti. 'Durante le loro deposizioni _ sostiene il legale _ non avevano fatto cenno a queste dichiarazioni'. Carnevale, alla fine dell'udienza, rendendo dichiarazioni spontanee, ha sostenuto che non è vero niente e che non ci fu nè alcun colloquio, nè alcuna pressione. Le dichiarazioni del testimone si riferiscono a fatti di dieci anni fa, ma sono del tutto inedite. L'ex consigliere della Cassazione aveva annunciato al pm Gaetano Paci, durante le indagini, che avrebbe parlato solo in tribunale e ha rispettato la consegna: 'Queste cose si possono dire solo sotto giuramento, davanti ai giudici'. Rispondendo a Paci, La Penna ha ricostruito il clima della prima sezione della Cassazione, animata da uno 'spirito di corpo', molto garantista e diretta da un presidente, Carnevale, noto per le sue posizioni talvolta fortemente polemiche nei confronti dei giudici di merito. I rapporti col presidente, all'inizio buoni, si erano via via incrinati. Frizioni ci furono anche in un processo che aveva tra gli imputati Emilio Fede, assolto in appello dopo una condanna in primo grado. 'Carnevale voleva assolutamente assolverlo. La sentenza della Corte d'appello era criticabilissima, ma fu confermata'. Si arriva così al 7 marzo 1989, giorno dell'udienza del caso Basile. Si veniva da un annullamento disposto dalla Cassazione per un cavillo formale. La sentenza di condanna all'ergastolo era stata poi riconfermata dalla Corte d'assise d'appello di Palermo ed era tornata davanti alla Suprema Corte. Ecco il racconto di La Penna: 'Arrivai in ufficio in ritardo di mezz'ora. Il presidente del collegio, Modigliani, e il collega Umberto Toscani mi dissero che il cancelliere capo, De Cato (indagato e condannato per abuso d'ufficio, relativo ad altri fatti, ndr), mi cercava urgentemente. Il cancelliere mi disse di andare nella stanza del presidente. C'era di fronte a Carnevale una persona sui 50-60 anni, colorita, rosea, capelli brizzolati. Mi sembrò un massaro, un contadino vestito a festa, che mi disse: "I miei rispetti". Aveva un accento siciliano...'. 'Carnevale mi fece questo discorso: "Oggi si discuterà il processo Basile: delicatissimo, difficile. Mettici tutta l'attenzione di questo mondo. Io ho letto la relazione di Toscani, che è d'accordo con me, come Modigliani, per l'annullamento della sentenza. La motivazione fa acqua. Conosco la tua capacità di contrasto, ma dai una mano a Toscani. Lui e Mario Garavelli hanno discusso a lungo della soluzione di questo processo e Garavelli s'è lasciato andare a dire di no all'annullamento. Ha parlato pure male del garantismo della nostra sezione. Di questo mi darà un giorno conto"'. Fuori dalla stanza c'era intanto il personaggio di prima: 'Dalla posizione in cui era, pensai che potesse ascoltare'. Uscito da lì, La Penna sarebbe stato sollecitato da De Cato a far andare dal presidente anche il quinto consigliere, Lucio Del Vecchio. Secondo l'accusa, Carnevale poteva contare su due giudici su cinque, e cercava il terzo voto per l'annullamento. In camera di consiglio il dibattito fu 'tempestoso': 'Toscani e Modigliani furono subito per l'annullamento, ma io e Garavelli proponemmo di rivedere tutto. Del Vecchio all'inizio fu con noi. A quel punto Toscani disse che la sentenza ce la saremmo dovuta scrivere noi. Io protestai: da relatore avevo dovuto scrivere lo stesso una motivazione che non condividevo. Del Vecchio temette di essere sorteggiato per scrivere la sentenza. Tutto tornò così in discussione. E la sentenza fu annullata. Il giorno dopo cercai Brancaccio: volevo andarmene dalla sezione. Mi disse: "Tu stai lì e ci rimani. Prevedo che Carnevale ti terrà lontano, da ora". Dal primo presidente era già stato Garavelli, che di lì a poco se ne sarebbe andato. Passò ancora qualche tempo e per andarmene dalla prima sezione preferii lasciare del tutto la Cassazione e tornarmene a Lecce'. Carnevale ascolta in silenzio. Ogni tanto sul suo volto si dipinge un'espressione di stupore: 'Ma quando mai?', sembra dire sottovoce all'avvocato Bonsignore. Riccardo Arena