Il gelo post elezioni blocca di nuovo la questione giustizia

da Il Messaggero del 24.6.99

di ROBERTO MARTINELLI
RINVIARE per non decidere, o decidere il più tardi possibile. Sul problema giustizia, che ha poco di balneare, e tantomeno di differibile nel tempo, maggioranza e opposizione tornano ai ferri corti. Dopo che l’accordo sembrava cosa fatta, la conferenza dei capigruppo della Camera ha rinviato a metà estate l’esame in aula della riforma del giusto processo. Ma la frattura riguarda altri due temi molto delicati: l’annoso problema dei collaboratori di giustizia, e l’autonomia reale del giudice chiamato a sancire la validità delle indagini investigative.
Il primo campanello d’allarme era suonato nei giorni scorsi quando il presidente dell’Antimafia, eletto da una grande maggioranza, aveva criticato le dichiarazioni di un pentito, già uomo di punta di Cosa nostra, che aveva raccontato come dietro le stragi di Capaci e di via d’Amelio «avrebbe potuto esserci» la regia occulta della leadership di Forza Italia. Il collaboratore di giustizia aveva affidato ai giudici una sua deduzione logica, e non un fatto storico da lui riscontrato o conosciuto per esperienza diretta.
Era un’affermazione priva di qualsiasi valore giuridico, che mai avrebbe dovuto essere consacrata nel verbale di un testimone. Il presidente dell’Antimafia lo aveva giustamente sottolineato, e subito la maggioranza gli aveva tolto la fiducia. Qualcuno era arrivato a parlare di dimissioni, ma l’interessato aveva detto di non averci mai pensato. Il pentito è stato interrogato di nuovo ed ha confermato le sue accuse, ha affermato stavolta che erano proprio quelli «gli uomini importanti che il capo di Cosa nostra diceva di avere nelle mani». Ed ha aggiunto qualcosa di più. Non ha parlato di “deduzione logica”, ma ha detto che era stato lo stesso vertice mafioso a dirgli queste cose, durante una riunione cui erano presenti altri pentiti.
Un altro caso di testimonianza a puntate, a singhiozzo, di quelle che non possono non suscitare perplessità o reazioni indignate come quella del presidente dell’Antimafia. Il quale, però, ha trovato un alleato autorevole come il Procuratore nazionale Antimafia. Il magistrato non è entrato nel fatto specifico, ma ha ribadito che la legge va cambiata, che non si possono permettere ai pentiti dichiarazioni a rate, e che essi vanno isolati da ogni contesto che potrebbe influenzare le loro deposizioni.
parole dure, ma anche incisive, dal momento che l’attendibilità del testimone è uno dei cardini del giusto processo. Quel principio che il Senato aveva già deciso di introdurre nella stessa Costituzione, e che invece subisce ora un nuovo rinvio. L’opposizione ha definito pretestuose e motivate da ragioni squisitamente politiche lo slittamento a luglio del dibattito sulla questione, ed accusa la maggioranza di arroganza dovuta alla sconfitta alle elezioni europee. In più collega a questa decisione la ripresa del confronto sulla legge sul conflitto di interesse.
anche sul terzo nodo della questione giustizia, lo scontro si è fatto rovente. La sinistra aveva proposto di distinguere le funzioni del giudice delle indagini preliminari, per evitare che il magistrato che avesse emesso un ordine di custodia cautelare potesse anche pronunciarsi sull’eventuale richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Pm. E ciò per evitare che di fronte ad elementi di prova divenuti insufficienti, il giudice fosse portato a non sconfessare le sue scelte. Da un monitoraggio effettuato dal ministero della Giustizia, è emerso che se la norma fosse stata approvata, molte inchieste giudiziarie avrebbero dovuto ripartire su basi nuove. Tra queste, anche alcuni procedimenti che vedevano tra gli inquisiti esponenti di spicco dell’opposizione. Ed allora, l’emendamento che prevedeva di differenziare le competenze dei giudici all’indagine e all’udienza preliminare è stato ritirato.
E poiché anche questo, come i precedenti, rappresenta un altro dei principi fondamentali su cui si poggia il giusto processo, si può dire che il dialogo sulla questione giustizia tra maggioranza ed opposizione è tornato ad essere un miraggio. A meno di un mese dall’elezione del capo dello Stato su cui i due Poli avevano trovato un accordo, l’effetto elezioni ha riportato il gelo. Prendere tempo o rinviare decisioni su un tema che la gente comune comprende e sente sulla propria pelle, può tornare utile in astratto ad una strategia di parte, ma rischia di rendere impopolare la forza politica che scelga questa strada.