“La videoconferenza? Mistero” 

da La Stampa del 24.6.98

SALERNO
DAL NOSTRO INVIATO
E’ un riso amaro quello che piega le labbra di Luciano Santoro, capo della Direzione distrettuale antimafia. Esasperato e avvilito per l’evasione-passeggiata di Ferdinando Cesarano e Giuseppe Autorino, maschera a stento la rabbia dietro una raffica di battute sarcastiche e di considerazioni sullo stato preagonico in cui versa la giustizia a Salerno. “Venite, venite alla conferenza stampa che abbiamo indetto per domani (oggi, ndr). Ne sentirete delle belle”.
Ci spiegherà anche perché per detenuti pericolosi come Autorino e Cesarano non è stata applicata la legge che prevede la videoconferenza?  “Dirò questo e altro. Per ora mi limito a precisare che la videoconferenza nei processi di camorra l’ho chiesta il 7 gennaio scorso al ministero, addirittura prima che la legge fosse pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ed entrasse quindi in vigore.  Vuol dare un’occhiata al documento? Prego, si accomodi. Perché in altri distretti giudiziari della Campania la videoconferenza è già una realtà, mentre a Salerno non se ne parla? E’ una domanda a cui nessuno sa o vuol dare una risposta”.  Insomma si sente con la coscienza a posto? 
“Certamente. E aggiungo che in fondo l’evasione dei due detenuti non mi ha meravigliato eccessivamente...”.
Anche lei parla di fuga annunciata? 
“Ma dove crede di vivere lei? In Germania? Siamo in Italia, non è il caso di stupirsi più di tanto. La giustizia, qui, è allo sfascio: mancano le attrezzature più elementari. Avete dato un’occhiata al palazzo di giustizia? Stefano Rodotà disse una volta che la giustizia è disastrata in tutta l’Italia, io aggiungo che qui a Salerno è un po’ più disastrata che altrove”.
Dottor Santoro, vogliamo parlare dell’evasione dei due boss camorristi da un’aula giudiziaria ricavata da una vecchia palestra, per giunta durante un’udienza? 
“Naturalmente no, visto che l’inchiesta è in corso. Ma è giusto che si sappia che la questione delle aule di giustizia a Salerno è vecchia di anni. L’ho posta nel ‘96 al Csm con una relazione di una decina di pagine. Poi le pagine sono diventate quaranta, e il dossier è stato consegnato anche alla Commissione parlamentare antimafia. C’è un capitolo dedicato interamente all’insufficienza delle strutture dal punto di vista della sicurezza. Insomma, sono anni che il campanello d’allarme sta squillando, ma nessuno sembra sentirlo. Ricorda la prima edizione della “Piovra”?  Allora la gente diceva che quello era solo uno sceneggiato. Purtroppo la realtà aveva già superato la fantasia”. [f. mil.]