Evasione-beffa, rimosso il questore

da Il Corriere della sera del 24.6.98

Dino Martirano 
ROMA - Cade la prima testa dopo l’evasione beffa dall’aula bunker colabrodo. Con una decisione lampo, il ministro dell’Interno ha rimosso il questore di Salerno, Ermanno Zanforlino, perché non ha predisposto un adeguato servizio di sicurezza in occasione del processo che vedeva sul banco degli imputati due pericolosi camorristi come Autorino e Cesarano. Giorgio Napolitano si è mosso in tempi rapidi: «Si è ritenuto necessario contestare senza indugio sul piano generale le insufficienze dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza...». 
In altre parole, sarebbe stato verificato che un solo ispettore di polizia e un pugno di agenti controllavano gli ingressi, mentre nessuno si sarebbe occupato di presidiare il perimetro della vecchia palestra prestata alla giustizia e il prato lungo il quale sono fuggiti i due pericolosi boss. 
Per stamattina è attesa anche una decisione del Guardasigilli Giovanni Maria Flick (alle 15 il governo risponde alla Camera) che sta valutando il rapporto degli ispettori ministeriali inviati negli uffici giudiziari salernitani: e, in caso di irregolarità, il ministro potrebbe anche sollecitare l’apertura di un procedimento disciplinare davanti al Csm. Oltre alla sicurezza delle aule giudiziarie, che in generale spetta alla procura generale, c’è da mettere a fuoco la procedura adottata dalla Corte d’Assise che, nonostante le richieste del pubblico ministero, non avrebbe firmato l’ordinanza per imporre la videoconferenza ai due detenuti sottoposti a regime di carcere duro (41 bis): è stata una dimenticanza o sono insorti insuperabili problemi tecnici? Terzo filone d’indagine, l’inchiesta interna alla polizia penitenziaria che aveva il compito di
sorvegliare a vista i due boss e quello di verificare preventivamente lo stato delle celle interne all’aula bunker. 
Il prezzo più alto, nonostante la sua lunga e onorata carriera, lo paga dunque il questore Zanforlino. Che lascia amareggiato: «Sono cosciente di aver lavorato bene a Salerno. Non ho niente da rimproverarmi, ma i miei superiori hanno fatto una valutazione diversa». Il Viminale aveva inviato a Salerno il vice capo della polizia Rino Monaco che poi ha riferito al prefetto Fernando Masone. E una volta informato dal capo della polizia, il ministro ha deciso: il questore
perde il posto «per insufficienze nella valutazione e predisposizione delle misure di sicurezza richieste dalla particolare rilevanza del processo in corso presso quella Corte di Assise, soprattutto in rapporto alla prevista traduzione di pluripregiudicati esponenti di spicco della camorra». Così, Napolitano è passato dalle parole ai fatti ma poi, con un comunicato del Viminale, ha anche lanciato un avvertimento: «Il fatto gravissimo e inaudito dell’evasione durante l’udienza... esige rigorosi accertamenti di responsabilità specifiche da parte dell’autorità giudiziaria, dei corpi di polizia e dei ministeri competenti...». Come dire che anche altre teste dovranno cadere e non solo per ordine del Viminale. 
Sul piano politico, la rocambolesca evasione ha offerto alle opposizioni un’occasione da non perdere. Maurizio Gasparri (An) ha chiesto le dimissioni del direttore dell’aministrazione penitenziaria, Alessandro Margara. E Tiziana Maiolo (FI) si interroga polemicamente: «Perché si dimetta qualche ministro bisognerà attendere l’evasione di Totò Riina?». Mario Borghezio (Lega) invoca misure «urgenti», anche l’uso dell’Esercito. Severo, infine, il giudizio del  procuratore nazionale Antimafia, Piero Luigi Vigna: «L’aula di Salerno, vecchia e insicura, avrebbe dovuto consigliare il ricorso alle videoconferenze per le audizioni di Autorino e Cesarano».