Galli Fonseca: non mi dimetto

da La Repubblica  del 24.7.98

di LIANA MILELLA
ROMA - Resta al suo posto, il procuratore generale della Suprema corte. Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, un magistrato di 71 anni noto per la sua riservatezza, ieri è ricorso addirittura a un comunicato spedito all’Ansa per “smentire di aver avuto o di avere intenzione di dimettersi”. La breve nota è stata diffusa alle 18.39, dopo una giornata di tensione provocata da un’ anticipazione del settimanale Panorama che annunciava un suo probabile abbandono. 
Il pg della Cassazione, già nel primissimo pomeriggio, aveva comunicato, in una telefonata riservata al Guardasigilli Giovanni Maria Flick, che non avrebbe lasciato il suo incarico. Intanto, gli uffici del ministero della Giustizia stavano esaminando la decisione del Csm di respingere la richiesta di un provvedimento disciplinare contro il gip di Roma Otello Lupacchini che, in una sua ordinanza di custodia del 1993, aveva accostato il nome di Galli Fonseca al boss della banda della Magliana Danilo Abbruciati. Flick aveva chiesto per Lupacchini un provvedimento disciplinare. In tempi brevi, il ministro potrebbe ricorrere alla Suprema corte contro il no del Csm. 
Se l’alto magistrato nega intenzioni dimissionarie, è Forza Italia - e in particolare l’ex ministro della Giustizia Filippo Mancuso - a chiedere che lui e Flick se ne vadano. Secondo Fi, che si fa scudo della decisione del Csm su Lupacchini, il pg di Roma, nel lontano 1982, avrebbe avuto un contatto telefonico con Abbruciati. E per questo la sua figura morale sarebbe “contaminata”. Allo stesso modo, anche Flick - che ha difeso Galli Fonseca in Parlamento contro le numerose interrogazioni di Fi - dovrebbe farsi da parte. 
La vicenda, come si può vedere, è intricatissima. Il punto centrale è questo: nell’82 Abbruciati viene ucciso a Milano.  Nel suo ultimo domicilio, un motel di Assago, viene trovata una scheda con le ultime telefonate. Tra i numeri ce n’è uno che, da subito, viene definito di incerta attribuzione in quanto due cifre non sono chiare. Successivamente, letto come lo 06-317.888, viene identificato con l’utenza di casa del giudice Galli Fonseca. Ma senza stabilire delle certezze. Passati dieci anni, il numero salta fuori nell’ordinanza di Lupacchini contro la Magliana che, basandosi su un rapporto della Criminalpol del 1993, lo collega al pg della Suprema corte. Tre anni dopo Filippo Mancuso dà fuoco alle polveri e si scatena contro Galli Fonseca ritirando fuori la telefonata. Piovono le interrogazioni che danno voce all’acredine di Fi contro Galli, reo di essere troppo “morbido” verso il pool Mani pulite.  Secondo Fi, il pg sarebbe “ricattabile” perché Francesco Saverio Borrelli sarebbe stato al corrente e avrebbe tenuto nel cassetto (ma allora Borrelli non era in procura) le carte contro Galli. 
Dice oggi Sandro Pennasilico (Md), presidente della commissione del Csm che si occupa delle incompatibilità ambientali: “Contro il pg è in atto una manovra che risulta chiarissima dagli atti parlamentari. Il Consiglio si è occupato del suo caso e ha concluso che quel numero di telefono non era attribuile a lui con certezza”. Il problema è tutto qui: ad aprile scorso, il Csm approva (contrari Fi e Lega) una relazione che assolve Galli e sostiene: “Una pura casualità, l’incerta trascrizione di un numero telefonico, ha innescato una campagna denigratoria basata su presupposti erronei e inconsistenti con l’ esclusiva ed evidente finalità di screditare la figura e il ruolo di Galli”. 
Ma, tre mesi dopo, la sezione disciplinare dello stesso Csm assolve Lupacchini, “reo” di aver consultato solo il rapporto Criminalpol del ‘ 93 e quindi di aver parlato di numeri “collegati”. Il Csm - in una relazione scritta da Gian Vittorio Gabri di Forza Italia - dà per certo che il numero di Assago fosse quello di Galli Fonseca e considera sicura la telefonata di sei scatti tra il boss e il magistrato. Il che, secondo la precedente relazione, è del tutto discutibile.
Che cosa è avvenuto durante la commissione disciplinare, le cui sedute sono segrete e prive di un verbale? Impossibile dirlo. Fatto sta che Galli, con due lettere di fuoco, ha chiesto di rivedere la motivazione, ipotizzando un errore. Ma la disciplinare, per due volte di cui l’ ultima ieri, l’ha ritenuto inamissibile. Il pg della Cassazione aveva usato toni accorati parlando di un “ristabilimento della verità a tutela della dignità e del rispetto dovuto all’istituzione che impersono”. Il pg si chiedeva anche se, a questo punto, “poteva rimanere al suo posto”.