Tangentopoli, armistizio sulla commissione 

da La Stampa del 24.7.98

ROMA. Tornano a volare le colombe che tentarono di avviare la riforma della Costituzione col dialogo civile tra maggioranza e opposizione. D’Alema-Marini e Fini-Casini, seriamente feriti dal “no” di Berlusconi alla commissione bicamerale e dal recente “no” di Prodi alla commissione su Tangentopoli, ieri si sono presi la rivincita e, tacitamente uniti, sono riusciti ad imporre alle rispettive parti un “break”. Niente duelli all’arma bianca (voto segreto) martedì prossimo alla Camera per tentar di varare subito la commissione su Tangentopoli (come voleva Berlusconi). Si rinvia l’appuntamento al 23 settembre e buone vacanze a tutti.  A questo risultato ci sono arrivati dopo aver litigato ferocemente per buona parte della giornata, tra urla e scambi di insulti. Inizialmente, infatti, Forza Italia ha opposto un fermo rifiuto alla richiesta di rinvio a settembre presentata dalla maggioranza unita. Gli uomini di Berlusconi rispondevano che avrebbero accettato il rinvio, ma solo se la maggioranza garantiva che la commissione su Tangentopoli sarebbe stata approvata.
Scontata e ovvia la risposta dell’Ulivo. “Una pausa di riflessione serve, come dice la parola, a riflettere sul da farsi. Sarebbe ridicolo dire: prima decidiamo... e poi riflettiamo” spiegava Sergio Mattarella, capogruppo dei popolari. E D’Alema conveniva ricordando che il Parlamento è libero e sovrano e che quindi “non possiamo garantire l’approvazione della commissione”.
In realtà, dietro le dichiarazioni ufficiali, una qualche concreta assicurazione deve essere stata data a quanti, nel Polo, la vogliono finire con lo stato di guerriglia permanente che conduce Berlusconi. Così come, nell’Ulivo, i “prodiani” debbono aver capito che non potevano fare a meno di inghiottire la scelta “dialogante” di D’Alema e Marini. 
Il capogruppo dei democratici di sinistra alla Camera, Fabio Mussi (classificato tra i veltroniani), aveva affrontato il problema-commissione con un piglio che sembrava poco disponibile all’accordo. O Berlusconi cambia il clima politico, oppure di commissione parlamentare per Tangentopoli non se ne parla né ora né a settembre, aveva detto in mattinata. 
Ma, nel pomeriggio, Mussi era andato da Veltroni, a Palazzo Chigi, a spiegargli che il rinvio non si poteva evitare. Il governo è d’accordo?, gli è stato chiesto all’uscita. “Non mi pare che ci siano obiezioni da parte del governo sulla soluzione del rinvio” è stata la risposta poco entusiastica.
In effetti, per il presidente del Consiglio il rinvio a settembre è una plateale sconfessione della linea “dura” verso l’opposizione con la quale aveva affrontato il dibattito sulla fiducia. Linea rovesciata dall’intervento dialogante di D’Alema a chiusura del dibattito alla Camera.
Intervento al quale si sono subito aggrappati Fini e Casini per convincere Berlusconi a deporre le armi, almeno fino a settembre. Apprezzato l’appello di D’Alema per un rapporto corretto con l’opposizione, Gustavo Selva, di An, è arrivato a promettere che “se riusciamo a dar vita ad un nuovo confronto, potrebbe anche ripartire la commissione bicamerale”. 
Anche Pierferdinando Casini considera il rinvio a settembre come “funzionale a una qualche ripresa del dialogo istituzionale”.
Silvio Berlusconi è parso convinto dai suoi alleati: “Se il tempo può portare ad un risultato positivo, accettiamo di concederlo”. Più tardi, però, quando i capigruppo hanno approvato il rinvio a settembre, tutti d’accordo, tranne la Lega, Berlusconi ha avuto una ripresa di fiamma, come se la scelta non riuscisse a mandarla giù facilmente: “Siamo costretti a subire questa ulteriore prepotenza, voluta dalla maggioranza”. Questa volta (è una novità assoluta), il “mastino” Pisanu, capogruppo di Forza Italia, è stato più moderato del suo presidente, parlando solo di “innegabile forzatura” ma “temperata” da assicurazioni del presidente della Camera Violante.
Berlusconi ha poi negato di avere in programma incontri con D’Alema. Mentre Marini è andato a spiegare a Prodi che non poteva opporsi al rinvio necessario “per svelenire il clima”.
Alberto Rapisarda