Referendum
al traguardo, lite tra i promotori
da Il Messaggero del 24.7.98
ROMA Il comitato promotore del referendum per l’abolizione della quota
proporzionale ce l’ha fatta. Sono 687 mila le firme raccolte dal 24 aprile
che sono state depositate in Cassazione. C’è di che festeggiare.
Segni, euforico, annuncia che «a questo punto, se la Corte Costituzionale
non ammettesse il referendum, sarebbe un colpo di Stato». Ma l’armonia
tra i referendari dell’Ulivo, Segni, Di Pietro, Occhetto, Abete, Bordon,
Petruccioli, e quelli del Polo, Martino, Urso, e Calderisi, si è
subito guastata. Ci hanno pensato l’ex pm, che ha rivendicato con troppa
irruenza «il ruolo fondamentale» del suo movimento, l’Italia
dei valori, che avrebbe raccolto da
solo 550 mila firme, e il forzista Calderisi, che ha sferrato un attacco
a Di Pietro, accusandolo di «appropriazione indebita del referendum»
a surriscaldare il clima.
La conferenza stampa dei referendari è appena terminata, quando
il deputato di Forza Italia consegna il suo articolo su Di Pietro che oggi
uscirà sul Foglio di Giuliano Ferrara. «Se il referendum -
scrive Calderisi - rimarrà monopolio dell’impostazione demagogico-populista
e giustizialista di Di Pietro è destinato alla sconfitta. Se proseguirà
l’identificazione con l’ex pm, sostiene Calderisi «una gran parte
del Paese che si riconosce nel maggioritario non potrà identificarsi
in questo referendum».
Lo stesso timore viene espresso da Marco Taradash di Forza Italia e
da Adolfo Urso di An che contestano le cifre fornite da Di Pietro sulla
raccolta di firme e invitano il Polo a riappropriarsi della battaglia referendaria
contro la quota proporzionale, «che è iscritta nel
Dna del centrodestra e non può essere strumento di una persona».
L’ex pm non risponde alle critiche. «Oggi bisogna solo ringraziare
chi ha firmato», dice. E sbandiera tutto il suo ottimismo sull’esito
del referendum. «Le cose cambieranno. Si farà una legge, volenti
o nolenti, o con il referendum o con una legge ordinaria (perchè
c’è un solo modo di fermare questo referendum: fare una legge),
in modo che d’ora in poi quando si andrà a votare ci sarà
una scheda bianca con un nome, un cognome e una faccia, e non più
una sigla. Uno se lo guarda in faccia- spiega Di Pietro - e decide se mandarlo
in Parlamento, o no. E chi non viene scelto dalla gente a casa ci va veramente.
Non che rientra dalla finestra proporzionale, e tu da 40 anni che stai
lì ad accendere la televisione e te lo trovi sempre davanti, tolto
qualcuno che con Mani pulite già è stato...». Il senatore
non finisce la frase, ma il senso è già chiarissimo.
Il senatore è inarrestabile. «Adesso i partiti potranno
soltanto condividere o non condividere, perchè questo è il
referendum dei cittadini che si sono sostituiti ai politici che latitano,
cincischiano, chiaccherano e non fanno nulla. Questa è una riforma
che doveva essere fatta dal ‘93, è una sana mattarellata politica
a chi non vuole fare le riforme, questa è sana politica».
Ma la battaglia non è finita. Il prossimo appuntamento è
per mercoledì mattina alle 11, quando l’Italia dei valori depositerà
alla segreteria del Senato 350.000 firme favorevoli a una proposta di legge
d’iniziativa popolare per una legge elettorale maggioritaria a doppio turno
di collegio.
«E questa - conclude Di Pietro - è la risposta positiva
al referendum, che cancella una legge che non ci piace».
R.Pol.
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