La
mina giustizia alle radici dell’Ulivo
da Il Giornale di Sicilia del 24.7.98
E così Rifondazione comunista ha potuto ripetere la sua formula
della ‘fiducia critica’ in attesa della legge finanziaria per il 1999,
elevata da Bertinotti a prova di una ‘svolta riformatrice’ poco meno che
storica. Insomma, se ne riparlerà a settembre.
Ma la difficoltà di delimitare la materia della famosa “verifica”
è che questa, ove la si voglia fare davvero, dovrebbe riguardare
tutti gli aspetti del programma di governo. Intanto la politica estera
(della quale si è parlato poco) e che rimane sottoposta alle incognite
della crisi del Kosovo, quindi alla possibilità di un ritorno di
quelle “maggioranze variabili” (i voti di Cossiga al posto di quelli di
Bertinotti) che avevano suggerito la verifica. Ma c’è di più.
Il dibattito ha rivelato che le maggiori crepe nella maggioranza non riguardano
soltanto la componente anomala, e periferica, di Rifondazione comunista,
ma un po’ tutti i partiti della coalizione. E il tema più controverso
è stato proprio quello che oggi è universalmente considerato
il più scottante, quello della Giustizia . I socialisti di Boselli,
e i parlamentari di Rinovamento, il gruppo che fa capo al ministro degli
esteri Dini , hanno invitato il governo ad affrontare con più decisione
il tema dei rapporti fra politica e giurisdizione. Una tesi che è
stata sostenuta
già nel dibattito dei giorni scorsi dalla senatrice Fumagalli
Carulli, capo-gruppo dei “diniani”, dal “popolare” Zecchino, non a caso
rieletto il giorno dopo con larga maggioranza presidente della commissione
Giustizia del Senato, mentre parole imbarazzate sullo “spirito giustizialista”
che affligge la sinistra sono state pronunciate nei due rami del parlamento
dai verdi Manconi e Paissan. Ed è stato solo il prologo di ciò
che è avvenuto nella Commissione affari costituzionali, meno di
24 ore dopo il voto di fiducia della Camera , ove la maggioranza si è
divisa sul tema della commissione d’inchiesta o d’indagine su Tangentopoli,
con il Pds e Rifondazione schierati da una parte , i socialisti e i “diniani”
dall’altra, i “popolari” in mezzo , divisi e perplessi. La proposta avanzata
dal Pds Soda per un “rinvio concordato” di ogni decisione è stata
determinata dalla volontà di non chiudere il discorso con il Polo,
ma anche dalla constatazione che la maggioranza, su un tema come quello
della Giustizia, è troppo divisa per poter andare a uno scontro
frontale. ALLE OPPOSIZIONI, al Polo come alla Lega, o all’Udr di Cossiga,
è
bastato sommare le contraddizioni della maggioranza, e la inconsistenza
politica di una “verifica” che ha lasciato le cose come stavano, per emettere
prognosi infauste sulla stabilità politica, e sul futuro del governo.
E in effetti, quella raggiunta è poco più di una tregua stagionale.
Eppure, e nonostante tutto, non è così vero che il governo
esce indebolito dalla vicenda della “verifica”.
Perché le crescenti difficoltà di tenere unita su un
programma plausibile i diversi partiti della maggioranza, e la durezza
delle contrapposizioni fra l’Ulivo e il Polo in specie sul tema della Giustizia
fanno dell’esecutivo l’unica presenza istituzionale in grado di mediare
e di dirimere l’inestricabile matassa dei rapporti politici. La vanificazione
di alcune strategie politiche, come la “Cosa 2” di D’Alema, le difficoltà
che incontra la formazione di un centro politico in grado di erodere i
due schieramenti e di proporsi come reale alternativa, obbiettivo perseguito
da Cossiga (e reso difficile dalla imprevista resistenza del Polo), fanno
del governo l’unico punto di riferimento politico e istituzionale. Potrà
soltanto, come sostengono gli oppositori, “galleggiare” sulla realtà
nella incapacità di affrontarla, ma in politica durare sembra diventato
più importante che fare, e di ciò i politici spesso si contentano
(ma i cittadini, ovviamente, molto meno). E’ per questa ragione che D’Alema,
nel suo discorso alla Camera, si è preoccupato di tenere aperto
il filo del dialogo con l’opposizione. D’Alema, e in una certa misura Marini,
sono preoccupati per l’acuirsi di una contrapposizione che affiderebbe
all’ esecutivo la complessa materia dei rapporti con Rifondazione comunista
(legata ormai a quella del rapporto coi sindacati, insofferenti della surroga
di Bertinotti che interviene sulla delicata materia della “concertazione”
fra le parti sociali). A questa preoccupazione si aggiunge quella, non
meno stringente, di una immobilità del potere politico nello scontro
in atto sulla giustizia. A D’Alema Prodi ha concesso, per ora, una attenuazione
formale, in sede di replica al dibattito, della linea di durezza con la
quale aveva aperto il dibattito dei giorni scorsi. Il primo scoglio per
una ripresa del dialogo fra Polo e Ulivo, come si sa, è quello della
commissione d’inchiesta, o di indagine su Tangentopoli per la quale D’Alema
ha, in sostanza, chiesto del tempo, necessario per smussare alcune opposizioni
vive nel partito. Il “rinvio concordato” sarebbe, se perfezionato, un risultato.
Ma, anche qui, al di là del rinvio non si riesce ad andare. Arturo
Gismondi
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