Dietro le sbarre poco spazio all’efficienza

da Il Sole 24 ore del 24.5.99

I "bilanci" delle carceri sono tutti in rosso. I penitenziari non riescono ad ottimizzare le risorse a disposizione e così in ogni realtà si registrano sprechi. Tenuto conto che i finanziamenti statali ammontano a oltre 4mila miliardi di lire l’anno, se la gestione fosse più oculata si potrebbero realizzare risparmi per 500 miliardi annui. Oppure, facendo leva sulle risorse e sul personale attualmente disponibile, gli istituti potrebbero assorbire mediamente l’8% in più di detenuti.
Sono i risultati della ricerca condotta dalla Commissione tecnica della spesa pubblica del ministero del Tesoro, che, applicando criteri econometrici, ha individuato uno standard di efficienza teorico sulla base del quale ha poi valutato la gestione dei singoli penitenziari. Il presupposto per rendere operativa l’indagine passa per la realizzazione di una banca dati in cui inserire variabili da aggiornare anno per anno, da utilizzare per effettuare un efficace controllo di gestione. La ricerca fa parte di un lavoro commissionato dall’ex ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, per fotografare la produttività e l’economicità dell’intera macchina giudiziaria.
L’indagine sul sistema carcerario è ormai giunta alla fine ed è stata consegnata all’attuale Guardasigilli, Oliviero Diliberto. Nella fase preliminare della ricerca, che aveva messo a fuoco i costi medi complessivi, gli esperti del Tesoro avevano registrato minori spese nelle carceri del Nord e costi più alti in quelle del Centro-Sud. Allo stesso tempo, avevano rilevato come l’indicatore di produttività aumentasse con il crescere della dimensione degli istituti (si veda «Il Sole-24 Ore del lunedì» del 15 marzo 1999).
L’ultima fase della ricerca è stata, invece, dedicata alla valutazione della gestione di un esteso campione di penitenziari. L’utilizzo delle tecniche econometriche ha permesso di individuare gli standard teorici di efficienza di costo e di efficienza di produzione, riferiti a ciascun carcere preso in esame. Sono stati, inoltre, considerati la produttività media del personale (cioè il rapporto tra i detenuti presenti e quello degli addetti sia di polizia che civili) e il grado di affollamento.
Per quanto riguarda i costi, la ricerca evidenzia che tutti gli istituti sono inefficienti e non riescono a contenere gli sprechi. Salta agli occhi il caso del carcere di Rossano Calabro, dove si registra il 117% di eccesso di costi rispetto allo standard (ma, come gli stessi ricercatori ammettono, potrebbe trattarsi di una incongruenza). Presentano, invece, meno dubbi gli altri casi di inefficienza, tra i quali anche il penitenziario romano di Regina Coeli, dove la percentuale di diseconomie arriva al 47% rispetto allo standard ottimale.
Il risvolto della medaglia dell’eccesso di costi è quello delle potenzialità inespresse. Tutti i penitenziari potrebbero "produrre" di più, nel senso che le attuali risorse consentirebbero di ospitare più detenuti: la media nazionale di maggior disponibilità è dell’8 per cento rispetto alla popolazione carceraria attuale. Questo non significa che nelle carceri ci sia ancora posto (anzi, la gran parte sono sovraffollate). L’indicatore segnala solo che, se le strutture lo consentissero, una gestione più attenta degli attuali costi e del personale reggerebbe tranquillamente anche a un aumento dei detenuti.
Una delle cause delle diseconomie è la cattiva distribuzione del personale, tanto quello civile che penitenziario. La ricerca mette, infatti, in evidenza come in molte realtà si arrivi a un rapporto di quasi un detenuto per unità di personale, mentre in altre situazioni lo stesso rapporto è di un detenuto per due (o quasi quattro: è il caso di Mantova) addetti.
La ricerca fornisce alcune indicazioni di carattere generale sulle possibili soluzioni. Per tale scopo, le carceri analizzate vengono suddivise in quattro gruppi: affollate e non affollate, efficienti e non efficienti. Se ne ricava che gli istituti affollati e inefficienti dovrebbero, per raggiungere lo standard ottimale, o adeguare la struttura alle attività svolte oppure diminuire l’utilizzo della struttura, riducendo, al contempo, i detenuti e le risorse. Invece, i penitenziari inefficienti e non affollati dovrebbero, a parità di risorse, aumentare il numero di detenuti. Gli istituti efficienti e affollati dovrebbero diminuire sia la popolazione carceraria che le risorse impiegate, mentre ai penitenziari efficienti e non affollati sarebbe consentito aumentare l’utilizzo della struttura, accompagnandolo con un aumento delle risorse.
Antonello Cherchi