Al
giudice unico serve serenità
da Il Mattino del 24.5.99
CAIANIELLO
In più occasioni, sulle colonne di questo giornale avevamo plaudito
alla riforma del giudice unico, intesa nel suo aspetto organizzativo della
unificazione in un unico ufficio delle preture con i tribunali. Ciò
per l’innegabile vantaggio che deriverà, sia da una migliore utilizzazione
delle risorse logistiche che dalla più razionale distribuzione dei
magistrati e del personale che viene affidata ai Capi degli uffici e non
più ad una astratta previsione di tabelle.
Avevamo però contemporaneamente espresso serie perplessità
dal punto di vista funzionale perché la riforma, anziché
mantenere nell’ambito dell’ufficio giudiziario in tal modo unificato, al
giudice «monocratico», che è quello che decide da solo,
soltanto la competenza che già spettava al pretore, per lasciare
al giudice collegiale (che decide con la presenza necessaria di tre magistrati)
quella dei tribunali cioè alle cause più importanti, ha esteso
la competenza del giudice monocratico a controversie di notevole rilevanza
e che perciò, richiedendo maggiore approfondimento e maggiori garanzie,
dall’unità d’Italia in poi erano state affidate ad un collegio giudicante.
L’ipertrofia del giudice monocratico, cui conduce la riforma, diminuisce
indubbiamente le garanzie, venendo solo in misura del tutto marginale compensata
da un miglioramento della resa del servizio «giustizia» sul
piano dell’efficienza. In relazione a queste perplessità e preoccupazioni,
condivise da autorevoli personaggi come il Procuratore generale della Cassazione
nel suo discorso sullo stato della giustizia dello scorso gennaio e da
insigni processualisti, come da ultimo, in una lucidissima intervista,
dal professore (ci consenta l’illustre Senatore a vita se in questa occasione
vogliamo ricordarlo con quel titolo accademico) Giovanni Leone, si è
manifestata una astiosa chiusura da parte di chi si era dato da fare per
la riforma.
Questa posizione si è mossa dal preconcetto che le critiche
contro l’enorme espansione delle competenze del giudice monocratico, cioè
non collegiale, tendessero ad affossare la riforma del cosiddetto giudice
unico (cioè unificato) sul piano organizzativo. Ed a nulla era valsa
la distinzione che quelle critiche operavano tra i due profili, quello
organizzativo e quello funzionale, sostenendosi che l’unificazione in un
unico ufficio giudiziario del tribunale e della pretura ben può
essere realizzato lasciando al giudice monocratico soltanto le controversie
di minor rilievo, già spettanti all’antica competenza pretorile.
Il clima di sorda ostilità verso ogni sorta di critica, frutto
da parte di qualcuno di una eccessiva considerazione di se stesso, appare
ora, per questa e per altre questioni, probabilmente con l’avvicendarsi
degli uomini, finalmente mutato, avendo il guardasigilli in carica fatto
approvare dal governo l’altro ieri un provvedimento che rinvia di sei mesi
l’attuazione della riforma del «giudice unico» per la materia
penale, il che consente un momento di riflessione. Il rinvio è stato
motivato dal Ministro con la «disponibilità del governo a
una libera discussione in Parlamento... per recepire ogni stimolo e sollecitazione».
La speranza è perciò che le Camere vogliano ripensarci nei
sensi suddetti perché tutti si sentirebbero più garantiti
dal vedere riattribuita al giudice collegiale la competenza per reati che
comportano la reclusione fino a venti anni.
Ci si augura perciò che, in questa nuova atmosfera di disponibilità
che muove al dialogo, la pausa di riflessione che il governo si è
imposto possa produrre i risultati sperati. E non è ancora troppo
tardi per sperare che si possa pervenire ad un ripensamento del genere
anche per le cause civili, perché anche lì, specie ora che
le sentenze di primo grado sono divenute immediatamente esecutive, si è
fortemente preoccupati che un giudice singolo, anziché un collegio
giudicante, possa risolvere da solo questioni di notevole valore da cui
spesso dipende la vita e l’avvenire delle persone.
Quello che comunque ci sembra importante di dover registrare è
la sensibilità che di fronte a quelle preoccupazioni è stata
dimostrata l’altro ieri dal governo, il che fa ben sperare che le altre
iniziative legislative riguardanti la giustizia, attualmente sul tappeto,
possano essere finalmente affrontate in un clima di serenità e di
dialogo che da qualche anno in qua si era voluto, non si sa perché,
abbandonare.
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