Rogatorie, magistrati in allarme per i contraccolpi sui processi 

da Il Sole 24 ore del 24.3.99

ROMA — «Un bel problemino...». L’accento toscano accentua la sorpresa e la preoccupazione del Procuratore nazionale antimafia, Piero Luigi Vigna, per la decisione della Camera di cancellare dall’articolo 431 del Codice di procedura penale il riferimento alle rogatorie compiute durante le indagini tra gli atti che possono essere utilizzati direttamente dal giudice del dibattimento. Una marcia indietro rispetto al 1992 quando il Parlamento, dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, decise di inserire anche le rogatorie nell’articolo 431, realizzando così il progetto cui aveva lavorato Giovanni Falcone al vertice della Direzione generale degli affari penali, per risolvere una serie di problemi pratici e interpretativi (soprattutto con riferimento alle dichiarazioni di testimoni e pentiti) derivanti dal moltiplicarsi delle richieste di assistenza giudiziaria internazionale nei processi di mafia. «L’inserimento fu motivato da ragioni di economia processuale — ricorda Vigna — che prevalsero sulla constatazione che non sempre nello Stato in cui si compie la rogatoria ci sono le stesse garanzie esistenti in Italia. Verosimilmente, ora si è ritenuto che debba prevalere l’esigenza del contraddittorio. Però è un bel problemino... Forse si potevano conciliare le due esigenze lasciando invariata la norma ma aggiungendo che le rogatorie sono ammissibili se avvenute in contraddittorio. Bastava fare questo».
Non c’è dubbio che se il Senato confermasse, tale e quale, la modifica della Camera si ripresenterebbero gli stessi problemi pratici e interpretativi precedenti al ’92, con l’aggravante che nel frattempo le rogatorie si sono moltiplicate, superando quota 4mila, con tempi di attesa che vanno da 5 mesi a due anni (in alcuni casi non si è mai avuta risposta). «Già adesso — osserva il sostituto Pg di Milano, Edmondo Bruti Liberati — i processi che si basano su rogatorie internazionali sono a rischio di prescrizione, soprattutto per via dei ricorsi interni. Una modifica legislativa non meditata aumenterebbe ulteriormente questo rischio». Non a caso un anno fa il Governo Prodi, di fronte all’allarme del pool Mani pulite, aveva pensato di approvare una legge che sospendesse o congelasse il decorso della prescrizione per il tempo della rogatoria. Ma la maggioranza non trovò un accordo e quindi non se ne fece più niente. Il problema, dunque, è rimasto irrisolto. E la modifica proposta ora dalla Camera rischia addirittura di aggravarlo.
«Ancora una volta un tema tanto delicato come le rogatorie — osserva Giovanni Salvi, sostituto procuratore a Roma con alle spalle una lunga esperienza di rogatorie — viene affrontato in modo estemporaneo e poco meditato, senza coinvolgere operatori e studiosi del diritto. Ancora una volta si rinuncia a un approccio razionale e sistematico al problema delle rogatorie all’estero, dei limiti della loro utilizzabilità, delle modalità di raccolta che sono, per principio, quelle dello Stato estero al quale la rogatoria è richiesta. Possibile che non venga in alcun modo considerato l’impegno (economico e di tempo, ndr) necessario per la commissione rogatoria? Come si può pensare che a ogni fase del procedimento ci sia una ripetizione di queste attività? Ancora una volta — conclude Salvi — si sottovaluta che i processi non sono solo garanzie ma anche efficienza». 
Come Vigna, anche Salvi è sorpreso. «L’origine di questa modifica non è chiara — dice — Non si capisce bene come sia venuta fuori e perché. Non ce n’è traccia nei lavori preparatori. Se fosse il prezzo che si è voluto pagare al principio dell’oralità sarebbe frutto di un grosso equivoco perché non si vuole comprendere che la rogatoria all’estero non può svolgersi con le regole dello Stato italiano». Per di più, «la modifica rischia di far perdere al procedimento elementi importanti di prova».
Salvi non vuol fare dietrologie anche se ammette di essere stato sfiorato (come molti altri) dal sospetto che possa trattarsi di una "norma-vestitino" ritagliata per qualche indagato eccellente. Le rogatorie sono infatti la linfa di alcuni delicati procedimenti di Tangentopoli — come quello sulle "toghe sporche" che vede indagati anche Silvio Berlusconi, Cesare Previti e Renato Squillante — ancora in fase di indagine o alle soglie della decisione del Gip sul rinvio a giudizio. «Non è facile prevedere quali saranno le conseguenze sui processi in corso — dice Salvi —. Non è detto che debbano essere necessariamente traumatiche. Tuttavia, per com’è stata approvata, questa modifica potrebbe giustificare interpretazioni molto rigide. In tal caso i rischi per i dibattimenti in corso sarebbero molto seri». Concorda Vigna, che memore della vicenda sul «513», suggerisce l’approvazione di «una norma transitoria per dire che la modifica si applica solo ai processi per i quali non c’è stato ancora il rinvio a giudizio e quindi la formazione del fascicolo».
Secondo i "padri" della modifica, salvo un allungamento dei tempi, non ci saranno contraccolpi sull’utilizzabilità delle rogatorie. Ma Salvi non è d’accordo. «Non è affatto chiaro — osserva — che regime dovrebbero avere gli atti non dichiarativi, come sequestri e perquisizioni: vanno considerati atti del Pm, dunque irripetibili anche se compiuti all’estero, oppure atti ripetibili?». Per Salvi non è scontata neppure la sorte degli accertamenti bancari ma il punto più delicato riguarda le cosiddette "prove dichiarative", come l’esame all’estero del testimone e soprattutto del coimputato. «Non è affatto detto — osserva — che lo Stato richiesto possa accettare, in base al suo ordinamento, che l’atto sia compiuto in contraddittorio tra le parti alla presenza addirittura degli imputati. Va detto, però, che l’attuale 431 non è affatto una deroga vistosa al contraddittorio perché è sempre fatta salva la possibilità del Pm, del difensore o del collegio di chiedere e ottenere la citazione del testimone o della persona sottoposta a indagini». 
Sia Salvi che Vigna auspicano un salvataggio del Senato, o, quanto meno, una discussione «alla luce del sole».
Donatella Stasio