«C’è il processo? Fermare gli orologi» 

da Il Messaggero del 24.3.99

ROMA - Sospendere per tutta la durata del processo penale i termini di prescrizione dei reati. Mentre il mondo politico si spacca sul «pacchetto sicurezza», il Csm offre al ministro della Giustizia Oliviero Diliberto la propria «ricetta» per affrontare uno dei fenomeni di maggiore allarme sociale, le scarcerazioni per decorrenza dei termini di custodia cautelare dei boss mafiosi. La proposta è contenuta in una delibera approvata dalla Commissione sulla criminalità organizzata e su cui giovedì prossimo dovrà pronunciarsi l'assemblea di Palazzo dei Marescialli. Sono sette pagine per dire che nè il giudice unico, nè l'aumento di organico dei magistrati ipotizzato dal Guardasigilli, nè la depenalizzazione dei reati minori possono nell'immediato portare ad un'apprezzabile riduzione degli «intollerabili tempi del processo penale», causa principale delle scarcerazioni. Tempi che oltretutto, avverte la Commissione, potrebbero ulteriormente allungarsi con una formulazione troppo rigida della costituzionalizzazione del giusto processo.
E così, sostiene il Csm, soltanto un intervento sui termini di prescrizione dei reati potrebbe dare qualche effetto da subito. «Se la prescrizione non decorresse durante il processo, l'imputato non avrebbe alcun interesse - sottolinea la Commissione - a strategie difensive dilatorie e sarebbe incentivato a ricorrere a riti alternativi. Riti alternativi finora falliti proprio perchè i tempi ordinari del processo rendono pressocchè certa la prescrizione del reato». Un modo per incentivarli, dicono ancora all’organo di autogoverno dei giudici - potrebbe essere quello di rendere provvisoriamente esecutiva la sentenza d'appello di condanna che confermi quella di primo grado. Ma in questo caso si porrebbero «problemi assai delicati di coordinamento con l'articolo 27 dellla Costituzione» sulla presunzione di innocenza sino alla sentenza definitiva.
La sospensione dei termini di prescrizione dei reati dalla data del decreto che dispone il giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza, invece, non sarebbe «lesiva di alcuna garanzia costituzionale del cittadino imputato» ed in più assicurerebbe «il diritto dell'imputato e quello della vittima-collettività a un vero ”giusto processo” nel quale le garanzie individuali vengano pienamente rispettate e i cui esiti non possano essere vanificati dal decorso della prescrizione».