«Nuove leggi? Non sia un alibi» 

da Il Corriere della sera del 24.5.98

Flick ricorda Giorgio Ambrosoli 

Paolo Foschini, 
DAL NOSTRO INVIATO 
GHIFFA (Novara) - Servono nuove leggi, nuove regole? Benissimo, dice Flick: ma che questo non sia un «alibi». Perché «le norme sono importanti», sottolinea il ministro, ma quello che conta sono gli uomini e «il modo in cui le applicano». 
Rifiuta, il Guardasigilli, di fare esplicito riferimento alle polemiche di questi giorni. Se è venuto qui a Ghiffa, sul lago Maggiore, è stato solo per parlare di Giorgio Ambrosoli, il liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona, da questi fatto ammazzare nel '79. L'«eroe borghese» Ambrosoli, al quale il Comune dedica ora il lungolago. Ma che quello di Flick non sia un discorso di circostanza lo si capisce dalle prime battute. 
A scoprire la lapide è arrivato il presidente della Camera, Luciano Violante. Sul palco, in silenzio, ci sono anche Gherardo Colombo e Saverio Borrelli. Sono qui per Ambrosoli, tutti. Tranne forse i soliti cronisti, che vorrebbero insistere sulle querelles giudiziarie del momento: rivedere la presunzione d'innocenza? Riformare di nuovo il codice per evitare che i condannati scappino? 
Giovanni Maria Flick si attiene al suo discorso dal palco: «Ai tempi di Ambrosoli le norme erano quelle che erano e i mezzi anche. Ma a fare la differenza fu il modo con cui Ambrosoli seppe farne uso». 
Del resto, proprio mentre dalle procure di mezza Italia spuntano nuove, inquietanti chiavi di lettura sulle stragi del '93, sui poteri occulti, sul ruolo di Gelli e della massoneria, Flick ci tiene a sottolineare, riferendosi ai «rapporti tra mafia, politica ed economia», il «legame stretto, strettissimo, tra un fatto come l'omicidio di Ambrosoli e la strage di Capaci». E rivolto alla vedova dell'avvocato, ricordando l'assenza delle istituzioni ai suoi funerali, il ministro china la testa: «A nome dello Stato, oggi, chiedo scusa». 
Ma guai a illudersi, dice, che nuove regole risolvano tutto. Perché proprio questo, al contrario, è il vizio ricorrente italiano: «Si invocano nuovi poteri, nuovi ordinamenti, vi si attribuisce un potere salvifico. Salvo poi, puntualmente, criticarne la pochezza». Esattamente ciò che Ambrosoli non fece: «Fu grande perché non non cercò alibi per giustificare fughe dal dovere». 
Prima di ripartire per Roma, l'abbraccio di Flick a Silvio Novembre: l'ex maresciallo che portò a termine il lavoro di Ambrosoli. E una stretta di mano a Borrelli e Colombo: il pm che di Ambrosoli scoprì gli assassini.