"Assurdo
togliere garanzie proprio per i reati gravi"
da La Stampa del 24.5.98
MILANO
Non sono per niente d'accordo con Borrelli: non è pensabile
nel nostro Paese abolire i ricorsi in appello per i processi celebrati
in corte d'assise e quindi per i reati più gravi. Non siamo negli
Stati Uniti dove la giuria popolare decide con un sì o un no la
sentenza. Da noi le decisioni vengono motivate ed è per questo che
è possibile e giusto ricorrere in secondo grado. Sono decisamente
contrario all'abolizione dell'appello". Edmondo Bruti Liberati, ex segretario
dell'Anm, sostituto procuratore generale a Milano e per anni magistrato
al tribunale di sorveglianza, è fortemente critico con le dichiarazioni
rilasciate ieri dal procuratore Borrelli alla trasmissione radiofonica
"Prima pagina".
Intervenuto per precisare alcune frasi riportate dai quotidiani il
giorno prima ("Non sono affatto un forcaiolo e non penso all'opportunità
di rendere esecutive le sentenze di condanna dopo il primo grado"), Borrelli,
cui era stata chiesta una valutazione sul sistema francese, aveva infatti
spiegato che "quando alla pronuncia della sentenza partecipa il popolo,
rappresentato dai giurati in Francia o dai giudici popolari come si dice
in Italia, un secondo grado di giudizio è qualcosa di superfluo
perché una volta che il popolo si è pronunciato e si è
pronunciato direttamente, non esiste ''un popolo d'appello''".
Dottor Bruti Liberati, potrebbe essere una via praticabile?
"Direi di no. Bisogna probabilmente limitare le ipotesi d'appello e
rendere più snello il giudizio. Ma questo deve valere per tutti
i processi: sarebbe paradossale ridurre le garanzie proprio per i reati
più gravi e che comportano le pene più gravi come quelli
giudicati in assise. Tanto è vero che anche in Francia è
allo studio l'introduzione di un secondo grado per l'assise".
Ma i processi d'appello sono spesso utilizzati per dilatare i tempi
di condanne più che certe. I ricorsi in Cassazione, come si è
visto per Gelli e Cuntrera, diventano invece anticamere per la fuga.
"Può darsi, ma ciò che garantisce un sistema giudiziario
è il suo equilibrio complessivo".
E secondo lei il nostro è un sitema squilibrato?
"Sì, almeno per quanto riguarda le pene più gravi. Con
il nuovo codice i tempi dei dibattimenti sono diventati lunghissimi. Bisognerebbe
considerare affievolito il principio di non colpevolezza dopo la conferma
in appello".
In che modo?
"Prevedendo, ad esempio, che dopo i primi gradi di giudizio, siano
ampliati i presupposti della custodia cautelare. Tenendo presente, tra
l'altro, che il pericolo di fuga, quando le condanne sono elevatissime,
è implicito. Va detto che già ora, dopo la conferma della
condanna, i termini della custodia cautelare diventano molto più
ampi. Ma sono rapportati alla pena prevista in astratto dal codice, mentre
invece si potrebbe fare riferimento ad una parte della pena applicata in
concreto, ad esempio un terzo o la metà di quella decisa in sentenza.
In questo modo si eviterebbero probabilmente scarcerazioni per i reati
più gravi".
Non sarebbero scardinati dei principi di garantismo?
"La vera garanzia fondamentale è che la custodia cautelare sia
limitata allo stretto indispensabile prima del processo, cioè prima
che un giudice si sia pronunciato sulla colpevolezza".
Borrelli ieri ha lanciato un'altra proposta: obbligare chi ricorre
in Cassazione per reati gravi, a costituirsi 24 o 48 ore prima della sentenza.
Pena l'inammissibilità. E' d'accordo?
"Anche se non risolutiva, mi sembra una proposta valida. La verità
è che, oltre alle modifiche legislative, occorre anche far funzionare
ciò che già esiste. Come ad esempio l'informatizzazione complessiva
dei carichi pendenti, compresa la registrazione di tutti i periodi di custodia
cautelare di un imputato. Così si potrebbe sapere in tempo reale
qual è la posizione di ogni individuo al momento in cui decide la
Cassazione, e impedirgli, se è il caso, di fuggire". [p. col.]
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