La Quercia apre alla proposta della Cassazione di modificare l’articolo 111 della Costituzione 

da Il Sole 24 ore del 25.4.99

ROMA — Ridurre il ricorso in Cassazione approfittando della riforma del giusto processo? Dopo il secco no dell’opposizione e la disponibilità del ministro della Giustizia, arriva la cauta apertura della maggioranza a discutere, ed eventualmente a raccogliere, la proposta lanciata dal primo presidente della Cassazione Zucconi Galli Fonseca, votata dall’assemblea della Corte venerdì pomeriggio, per arginare i ricorsi puramente dilatori e restituire alla suprema Corte il suo ruolo di giudice di legittimità. 
Mentre l’opposizione non ha perso nemmeno un minuto per bocciare l’idea, la maggioranza ha scelto prima la linea del silenzio e poi quella della prudente apertura. I più convinti sono i Ds, che condividono la proposta di inserire la revisione del ricorso in Cassazione nel Ddl sul «giusto processo» (già all’esame della Camera in seconda lettura) visto che, nell’uno e nell’altro caso, la norma da cambiare è sempre l’articolo 111 della Costituzione. «Sarebbe strano e sbagliato non discuterla nella maggioranza e con l’opposizione — osserva Carlo Leoni, responsabile Giustizia della Quercia —. Tanto più che la Bicamerale l’aveva approvata all’unanimità. In teoria, quindi, ci dovrebbe essere una disponibilità di tutti».
L’articolo 111 consente il ricorso in Cassazione contro tutte le sentenze. A novembre del ’98, la Bicamerale lo modificò, stabilendo che «contro le sentenze è ammesso il ricorso in Cassazione nei casi previsti dalla legge, che assicura comunque un doppio grado di giudizio». Il naufragio della Bicamerale non ha impedito il recupero delle norme sul «giusto processo» nel Ddl ormai noto come Super-513; sono invece rimaste fuori quelle sul ricorso in Cassazione.
«La nostra disponibilità è molto seria — spiega Leoni — perché condividiamo il ragionamento di Zucconi che mette in guardia Parlamento e operatori del diritto sull’uso improprio del ricorso, sempre più spesso utilizzato a fini dilatori o per portare la Corte a giudicare nel merito, facendone un giudice di terza istanza». Leoni non esclude, dunque, che la questione venga posta durante la discussione in commissione Affari costituzionali sul «giusto processo».
In linea teorica sono d’accordo anche i suoi colleghi della coalizione, più scettici sui risultati. «Se i tempi lo consentono, si può fare — dice il popolare Pietro Carotti —. Ma se c’è una vera volontà riformatrice, il problema non è quello di salire sul treno del super-513. Tra l’altro, non vorrei che l’abbinamento fosse interpretato come una soluzione un po’ ambigua per frenare il giusto processo». Animato dalla stessa preoccupazione politica è il Verde Luigi Saraceni. «Politicamente si apre un contenzioso tra maggioranza e opposizione — osserva — anche se la bocciatura di An e Fi mi sembra più un riflesso condizionato. Forse, di fronte a un testo ragionevole che limitasse i ricorsi ai casi più seri, si potrebbe intavolare un dialogo anche su questo». 
Tullio Grimaldi, presidente dei deputati comunisti era presente all’assemblea. Secondo lui il Ddl sul «giusto processo» è «destinato ad essere corretto alla Camera» e quindi sarebbe un cavallo sbagliato. «Si potrebbe prevedere un autonomo Ddl costituzionale — dice l’ex magistrato di Cassazione —. Ma la strada sarebbe ugualmente lunga. Meglio una riforma ordinaria. Ho già presentato una proposta di legge per eliminare i ricorsi fondati su motivi di fatto e per introdurre una serie di filtri. Ora ne chiederò l’urgenza. E confido in un impulso del Governo».
Sfiora il tema il presidente della Camera Luciano Violante, che in un convegno ha proposto di prevedere nella riforma sul «giusto processo» precisi diritti anche per le vittime dei reati. Per esempio, che il processo «si svolga entro un tempo determinato». Con ovvie conseguenze sulle impugnazioni, ricorso in Cassazione compreso.
Donatella Stasio