Costituzionalisti a convegno: le riforme non possono partire da zero 

da La Stampa del 25.4.99

' L arrivo di Leopoldo Elia fu accolto con una certa apprensione: un professore romano, per di più democristiano, per di più eminenza grigia della dc...". Gustavo Zagrebelsky, oggi giudice costituzionale, attinge ai suoi ricordi di studente per illustrare gli anni piemontesi dell'attuale capogruppo democristiano al Senato. Elia, che ieri ha assistito alla presentazione dei due volumi in suo onore curati dalle Università di Torino e Roma La Sapienza, accoglie con un sorriso divertito la confessione del "più vecchio" tra i suoi allievi.
In sala sorridono Nicola Mancino e Renato Granata, presidenti del Senato e della Consulta. E sorride pure un nutrito gruppo di giuristi prestati alla politica, da Domenico Fisichella a Franco Bassanini, da Augusto Barbera a Giorgio Rebuffa: costituzionalisti reduci da una campagna condotta spesso sui fronti opposti del Sì e del No. A referendum battuto per diserzione, Elia fa il punto sulle riforme da fare, "un obiettivo di per sé difficile da raggiungere - spiega - perché devono conciliare una componente rappresentativa con una quota plebiscitaria, nel senso buono del termine...". Un traguardo, aggiunge il presidente dei senatori popolari, troppo arduo per risolverlo a colpi di consultazioni popolari: "Non è con un referendum che possiamo realizzare una buona democrazia immediata. I problemi sono enormi, e sono ancora aperti: dobbiamo cercare di superarli, senza illuderci di poterlo fare dichiarando napoleonicamente che la rivoluzione è finita...".
Livio Paladin, in apertura, aveva polemizzato con "chi aveva ragionato in anticipo di Seconda Repubblica e si era poi dovuto pentire della fretta". Ed Elia conferma che, anche in tema di riforme, non si può mettere un punto a capo e voltare pagina: "Il passato ci insegue - continua - non si può chiudere e dire ricominciamo da zero. Anche se sembrano cambiati i soggetti portanti della politica e alla repubblica dei partiti si contrappone oggi, con una certa semplificazione, una repubblica dei cittadini...". 
La voglia di cambiamento porta ad analizzare il passato con il "senno di poi", lasciando spazio a una sorta di revisionismo storico che porta alla volontà di ricominciare tutto da zero". Come quando "D'Alema, Violante e De Mita sembrano accusare Moro, La Malfa e Berlinguer di non aver aperto uno sbocco costituzionale verso le riforme", dimenticando che "se è vero che Dc e Pci raggiungevano insieme il 70 per cento", è "ancora più vero che allora dominava un'altra cultura, che considerava il proporzionale come la costituzione materiale del Paese. Al punto che nel '53 era stata rifiutata la legge elettorale maggioritaria. Molti politologi - continua Elia - sostengono che con la fine della Guerra fredda si sarebbe potuta consolidare la democrazia italiana, dimenticando che nel nostro Paese la democrazia, passata indenne attraverso quella che alcuni storici hanno definito la ''guerra civile fredda'', era già stata consolidata per sempre". [g. tib.]