I penalisti: non basta, lo sciopero continua 

da Il Messaggero del 25.2.99

di RITA DI GIOVACCHINO
ROMA - Insomma piace o non piace agli avvocati il nuovo Super 513, approvato ieri dal Senato? Piace, ma non abbastanza. E dopo una mattinata passata a discutere nell’Aula Magna della Cassazione e il reciproco scambio di cortesie con il ministro Diliberto, l'esecutivo dell’Unione Camere penali, riunito in via Margutta, ha deciso di proseguire la protesta con l’astensione nei procedimenti interessati al 513 fino al 20 marzo. Con un’unica concessione: lo sciopero sarà revocato se il Parlamento garantirà la corsia preferenziale all’approvazione del decreto. Dunque il nodo dunque non è ancora sciolto e anche se gli animi sono apparsi più sereni, il 513 costituzionalizzato non ha risolto del tutto quello che gli avvocati considerano una questione centrale: la questione del giusto processo, la garanzia del contradditorio in aula nel pieno rispetto dei diritti della difesa .
Era stato l’avvocato Gaetano Pecorella, oggi responsabile Giustizia di Forza Italia e per anni leader delle Camere penali, a fare da bastian contrario in vista di una possibile pacificazione: «C’è un abbassamento della guardia da parte dell'avvocatura, che invece non dovrebbe fare patteggiamenti sui principi e un principio cardine è che le dichiarazioni di due pentiti, ovvero due coimputati che traggono ogni vantaggio e interesse nel mentire, costituiscano prova». Il presidente dell’Unione camere penali, Giuseppe Frigo, aveva cercato la via della mediazione con la linea del governo: «Non c'è nessuna intenzione di abbassare la guardia sui principi, ma va cercato un terreno su cui misurarci per arrivare a risultati che siano accettabili. Nessuno è disposto a transigere sulle regole del contraddittorio, ma a noi interessa evitare il peggio». Ma evidentemente l’umore di base degli avvocati contrari ad ogni compromesso è prevalso.
Il ministro della Giustizia, intervenuto a fine mattinata, ha difeso il decreto e ha riproposto la linea della concertazione che è ormai il suo chiodo fisso: «Il mio decreto non è probabilmente la migliore soluzione del mondo, ma per la prima volta da dieci anni magistrati e avvocati hanno largamente convenuto su un provvedimento in materia di giustizia. Si può sempre cercare di ottenere di più. Ma per portare avanti le riforme sulla giustizia va cercato un punto di compromesso». Agli avvocati ha anche offerto il ramoscello d’ulivo: «L'avvocatura ha cessato di essere una sorta di figlio di Dio minore rispetto alla magistratura, perchè abbiamo voluto fortemente costruire questo rapporto. considero gli avvocati alla stessa stregua dei magistrati, un soggetto politico con cui dialogare. Continuiamo su questa strada».
Il maggiore ostacolo per il nuovo 513 viene da Forza Italia, forti perplessità sono state espresse da Marcello Pera che lo considera un intervento-tampone: «Vogliamo una norma che abbia un senso compiuto, definitiva, il percorso preferenziale chiesto dal governo dovrebbe riguardare tutto il pacchetto di norme sulla formazione della prova». Ma il Guardasigilli non arretra: «Il governo in questa settimana sul tema della giustizia ha fatto più che negli ultimi due anni. E tutto regge se si trovano i punti di equilibrio, non quelli di scontro. La macchina della giustizia si è inceppata, bisogna avere il coraggio di costruire delle riforme di sistema radicali quanto è drammatica la situazione della giustizia». Ma ora la decisione degli avvocati di proseguire in una protesta che rischia di paralizzare i preocessi più delicati, quelli di mafia e di Tangentopoli, riaccende la tensione.