Via libera del Senato al giusto processo 

da Il Sole 24 ore del 25.2.99

ROMA — Il Senato ha dato ieri il primo dei quattro sì necessari a introdurre nella Costituzione i principi del giusto processo (o super-513): nessuno può essere giudicato colpevole, salvo eccezioni, se chi lo accusa non si sottopone all’interrogatorio in aula. Il sì di ieri è frutto dell’intesa (faticosa) tra maggioranza e opposizione che, dopo tre mesi segnati da colpi di scena, ha permesso al disegno di legge costituzionale di tagliare il traguardo con 184 voti favorevoli, 14 contrari e 12 astenuti. I dissensi sono arrivati soprattutto dalle fila dei Ds oltre che dal movimento di Di Pietro, l’Italia dei valori.
Adesso, hanno subito dichiarato Walter Veltroni e Cesare Salvi, il Polo sia più morbido sulla legge elettorale. «Mi colpisce — ha affermato il segretario dei Ds — che da parte del Polo, finora, l’unica disponibilità che abbiamo registrato è su questo tema non su altri, come per esempio la legge elettorale». Immediata la reazione di Enrico La Loggia, capogruppo Fi al Senato: «Noi sempre disponibili, voi arroganti» ha risposto a Veltroni ricordandogli «che Fi sulla legge elettorale ha preannunciato una proposta per contribuire al dibattito», atteggiamento «vanificato dall’arroganza della sinistra».
Salvi ha invitato l’opposizione a collaborare anche sulla «ripresa del processo riformatore con il metodo dell’articolo 138». Che, dopo il fallimento della Bicamerale, è l’unica strada per mettere mano alla carta costituzionale. Il metodo prevede che la revisione sia approvata da ciascuna Camera «con due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi». Dunque il super-513 non vedrà la luce prima del 2000. Ma il successo sul fronte del giusto processo ha soprattutto l’effetto di sbloccare un pacchetto-giustizia impantanato da due anni in Parlamento. Il via libera si deve, tra l’altro, all’intervento del guardasigilli Oliviero Diliberto. Lo ha ricordato il ministro stesso, esprimendo soddisfazione per il voto al Senato («un fatto politicamente enorme»): «Abbiamo lavorato con pazienza e tenacia. Viene premiata almeno in parte l’azione del Governo che è stata molto coerente». I consensi, del resto, sono arrivati da sinistra a destra e il presidente degli avvocati penalisti, Giuseppe Frigo, ha parlato di «un grande risultato politico». I no, invece, sono stati scanditi da alcuni senatori diessini. Gian Giacomo Migone ha definito la norma «pleonastica» denunciando il rischio di un «uso distorto delle garanzie»; Elvio Fassone ha detto che con la legge si vuole colpire la Corte costituzionale che «per ben due volte si è pronunciata contro una precisa scelta del Parlamento». Prudenti, infine, i magistrati. Per il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Paolo Giordano, resta aperto il problema di «come costringere chi accusa un terzo a ripetere l’accusa in contraddittorio».
La riforma votata ieri infatti non si occupa del controverso diritto al silenzio ma si limita a premettere all’articolo 111 della Costituzione una serie di principi, tra cui quello che «nel processo penale la persona accusata di un reato abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico». Oltre alla ragionevole durata del processo la norma fa riferimento al diritto dell’accusato a essere informato e stabilisce poi che «la colpevolezza non può essere provata sulla base di dichiarazioni di chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore». La legge, però, regola i casi in cui l’acquisizione della prova non avviene in contraddittorio «per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita». Alla legge viene lasciata la disciplina transitoria. Ma già ieri esponenti di An hanno chiesto una sospensione dei processi pendenti a cui si applica il «513» in attesa dell’approvazione della riforma. Dando così ragione a Fassone che aveva pronosticato, tra gli effetti negativi sui processi in corso, «valanghe di eccezioni di legittimità».
Roberta Miraglia