Giusto
processo, sì del Senato
da La Repubblica del 25.2.99
di LIANA MILELLA
ROMA - Fino a qualche mese fa sarebbe sembrato impossibile. Ma ieri,
invece, è accaduto. Al Senato governo e Polo hanno votato insieme
sul cosiddetto super-513, le 18 righe sul giusto processo e la parità
dei diritti tra accusa e difesa che dovrebbero finire nella Costituzione,
all'articolo 111. È d'obbligo dire "dovrebbero" perché, dopo
questo primo sì, ce ne dovranno essere altri tre, e tutti a maggioranza
assoluta. Se va bene, prima del Duemila il super-513 non entrerà
nella nostra Magna Charta. Di cose, nel frattempo, potranno succederne,
visto che già ieri - e soprattutto all'interno dei Ds - ci sono
state delle defezioni: 14 senatori hanno votato no e 12 si sono astenuti.
Tra le tante, ecco la significativa motivazione di Elvio Fassone, diessino,
ex magistrato ed ex componente del Csm per Magistratura democratica: "Il
Parlamento vuole colpire la Corte costituzionale che per ben due volte,
sul 513, gli si è pronunciata contro". Insomma, una sorta di vendetta
postuma per legare le mani agli alti giudici (ricordate, solo lunedì
scorso, il presidente dell'Alta corte Renato Granata che s'infervorava:
"Vogliono tagliarci le unghie"?). Una tesi diffusa tra molti costituzionalisti,
ma che ha avuto una eco assai scarsa tra i politici. Come il dibattito
di ieri ha dimostrato soprattutto perché, nemmeno a farlo apposta,
l'assenso al super-513 ha coinciso con un dibattito sulla giustizia dei
Ds. Lo stato maggiore del partito schierato al gran completo - il segretario
Veltroni, il coordinatore Folena, il capogruppo alla Camera Mussi, il responsabile
giustizia Leoni - per registrare un cambio di clima rispetto al luglio
dell'anno scorso, quando a Napoli si tennero gli Stati generali della giustizia
e Pietro Folena, con un discorso programmatico, lanciò una sfida
all'opposizione sulla necessità di approvare insieme le riforme.
Ma, prima ancora di capire qual è oggi lo stato d'animo dei
Ds, una notizia: il voto positivo sul 513 non ha ottenuto il primo e più
importante risultato agognato. Far cessare lo sciopero dei penalisti che,
dopo tre giorni di astensione, proseguiranno nella loro durissima contestazione
fino al 20 marzo. Il presidente delle camere penali Giuseppe Frigo ha spiegato
che il 513 non basta, adesso ci vuole la corsia preferenziale per il disegno
di legge sul 513 del Guardasigilli Oliviero Diliberto. Ai legali in guerra
ormai dal 2 novembre '98 (quando la Consulta s'espresse sul 513) non è
bastato neppure che ieri mattina, per la loro assemblea, si scomodassero
il ministro e tutti i responsabili Giustizia dei partiti. Niente, avanti
sulla linea dura.
E Diliberto? Ha incassato. In compenso è entusiasta per il voto
al Senato. Lo attribuisce al "nuovo clima politico" e lancia uno slogan
che potrebbe anche avere fortuna: "Riforme & Risorse". Cioè
dice: la giustizia è allo sfascio, lo sanno tutti. Ma senza soldi
non si cambia niente. Soldi per mille giudici in più e soldi per
le strutture. Poi una "degiurisdizionalizzazione" massiccia.
E i Ds? Ieri era il giorno della soddisfazione, non senza qualche frecciata
polemica al Polo, come quella di Fabio Mussi che dice: "Con la Bicamerale
avremmo fatto prima, ma l'hanno affondata. Ora si va avanti lo stesso,
anche se con un metodo più frammentario". E come il leit motiv di
Folena che non manca mai di ricordare i "forcaioli" che ci sono nel Polo.
Lo stesso Veltroni non si illude e spera che l'intesa con An e Fi non si
limiti al 513. Veltroni sa che "la corruzione continua", che bisogna garantire
l'autonomia dei giudici, che ci vogliono risorse e depenalizzazione.
Ma i Ds, che riempiono la sala del refettorio a palazzo San Macuto,
fanno di più: si apprestano a lanciare (la prossima settimana perché
i ddl hanno ancora bisogno di qualche ritocco) il nuovo pacchetto anti-crimine
che potrebbe rappresentare la base di discussione dello stesso governo.
I ministri dell'Interno e della Giustizia, a quel punto, potrebbero anche
fare un passo indietro, rinunciare al loro "pacchetto" e discutere in Parlamento
quello diessino. Esecutività della pena dopo l'appello, pene più
gravi per reati che anziché essere contro il patrimonio come adesso
diventerebbero contro la persona, più poteri alla polizia, più
coordinamento tra le polizie: ecco i cardini della svolta. Li vedremo nei
dettagli.
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