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la guerra dei jeans
da La Stampa del 25.2.99
ROMA
P ORTANO i jeans da 15 giorni e non hanno alcuna intenzione di toglierseli
finchè nella terza sezione penale della Cassazione che giudica i
reati di violenza sessuale non ci saranno più giudici donne, per
creare quel "bilanciamento di sensibilità" indispensabile per emettere
con equilibrio sentenze così delicate. Nel giorno in cui l'aula
di Montecitorio vota la fecondazione assistita per le coppie di fatto,
le protagoniste sono di nuovo loro, le "donne in jeans" del Polo, le post-femministe
del centro destra che sfidano i propri partiti in nome del diritto a non
appiattirsi su linee e idee "date per scontate". Insofferenti alla "gabbia"
della politica. Battagliere più che mai. In testa la nipote del
Duce Alessandra Mussolini. Ma anche la giovanissima Stefania Prestigiacomo,
non è più la "fatina" di Forza Italia del suo esordio. Con
Sandra Fei e Cristina Matranga sono tornate alla ribalta inguainate nei
pantaloni-simbolo che indossarono per protestare contro la sentenza dello
scandalo per annunciare la "fase due" della loro lotta, galvanizzate dall'improvvisa
visibilità e dalla valanga di messaggi di solidarietà.
"Abbiamo chiesto di incontrare il giudice Rizzo, autore della sentenza,
e il presidente di sezione Tridico, ma hanno rifiutato il dialogo. Così
abbiamo scritto al presidente della Corte Galli Fonseca perché valuti
con urgenza l'assegnazione di più donne", spiegano nella conferenza
stampa che precede il voto. Cartellino "15 giorno" ben appuntato sulla
giacca. E hanno preparato una mozione per impegnare il governo a combattare
più efficacemente gli stupri. Rivalutando il tetto massimo dei fondi
per il patrocinio gratuito alle donne che denunciano, istituendo finalmente
l'Osservatorio sui reati di violenza sessuale, promuovendo una campagna
di informazione. "Mi auguro che su questa mozione che punta a riportare
in aula il dibattito sulla violenza sessuale si possa trovare l'unità
fra tutte le donne del Parlamento", dice Prestigiacomo.
Da Torino arriva la solidarietà del Telefono Rosa, che rivendica
la presenza paritetica delle donne in tutte le istituzioni, giudiziarie
o meno. Ma allo "sciopero della gonna" continuano a non aderire le colleghe
del centro-sinistra, convinte che "la violenza contro le donne sparirà
solo quando si diffonderà nel Paese una nuova cultura, un'altra
idea del rapporto uomo-donna", si legge in una nota firmata fra le altre
da Anna Finocchiaro e Alberta De Simone. La ds Gloria Buffo sdrammatizza.
"Comune è lo scandalo sulla sentenza, comune l'esigenza di equilibrare
la Cassazione. Semplicemente non abbiamo bisogno di sentirci tutte unite
da uno stesso oggetto-simbolo", sostiene. Poi maliziosa, riferendosi al
voto sulla fecondazione, aggiunge: "Apprezzo il gesto, ma le donne del
Polo sarebbero più autorevoli se riuscissero a spostare le posizioni
nel loro partito".
Maria Grazia Bruzzone
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