Procedimento disciplinare per 39 magistrati “fannulloni”

da La Gazzetta del Sud del 25.3.99

ROMA – Giudici e pm fannulloni, magistrati scorretti, pretori che condannano «a peso» e sostituti che parlano troppo. Queste le toghe prese di mira dal ministro Oliviero Diliberto nei primi cinque mesi di via Arenula. Sono 39 in tutto e per loro è già partito il procedimento disciplinare. Per aver leso la credibilità e il decoro dell'ordine giudiziario. Le istruttorie sono in mano, ora, della procura generale della Cassazione. Alla fine, la decisione spetterà al «tribunale dei giudici» del Consiglio superiore della Magistratura. Mentre Flick ha colpito 130 volte in due anni e mezzo, la scure del Guardasigilli comunista è calata, insomma, alla media di oltre una volta alla settimana: sette solo negli ultimi quindici giorni e sempre per violazione dei «doveri di laboriosità e diligenza». Non hanno lavorato abbastanza, insomma. È questa l'accusa più ricorrente e riguarda in totale 25 giudici. Non ci sarebbero nomi eccellenti nella lista nera. E nemmeno giudici troppo «spigliati»: nessuno va sotto processo per aver rilasciato esternazioni da invasione di campo. I lavativi, dunque. Il ministro ha dettato direttive precise per scovarli. I ritardi nel deposito delle sentenze, per esempio: oltre tre mesi per le sentenze penali, quattro per le cause di lavoro, sei per quelle civili. E, in ogni caso, non devono esserci dubbi di «cause di forza maggiore», come il carico di lavoro e lo stato di salute. La «mancanza di operosità» deve essere «inequivoca». È così che gli ispettori ministeriali hanno segnalato un giudice di Ancona, che si è tenuto stretto per oltre sei mesi ben 50 sentenze, e un pretore di Foggia che ha fatto aspettare un anno la decisione motivata. Stessi ritardi di dodici mesi sarebbero stati accertati a carico di giudici di Siena, Modena e Ancona. L'elenco degli incolpati si allunga con cinque magistrati che hanno violato «norme processuali o obblighi di vigilanza connessi alle funzioni svolte». È il gruppo che comprende soprattutto i capi degli uffici. Ma c'è anche un pretore di Roma, che ha condannato un malcapitato a sei mesi, perché aveva alzato troppo il gomito prima di mettersi al volante. Secondo Diliberto non può essere scusato, dal momento che – sostiene – per la guida in stato di ubriachezza non si poteva condannare a più di un mese. Senza contare che il reato era prescritto. Inoltre, nella lista nera ci sono due giudici che hanno «violato il segreto investigativo» (tra i quali un pretore di Crema, che ha messo il naso in un fascicolo non suo) e altrettanti (di Vicenza), che non hanno indagato abbastanza su «fatti di rilevante gravità e delicatezza»: se lo avessero fatto, un caso di minacce gravi non sarebbe degenerato, forse, in un processo per lesioni. Infine, sono finite del mirino del Guardasigilli anche cinque toghe «deontologicamente scorrette» (una di queste è Gip a Napoli), che indagavano su colleghi, e una per «violazione del dovere di riserbo». È un pretore di Bari, che ha anche ritardato l'iscrizione di un indagato sul registro delle notizie di reato. Diliberto non nasconde il suo disappunto: «La macchina della giustizia è inceppata, va malissimo. E forse la situazione peggiore è quella delle cause di lavoro». Diliberto poi, a proposito degli errori di giustizia, ha affermato che «i magistrati, che sono uomini, possono sbagliare, ma dobbiamo ringraziarli per quello che hanno fatto contro la criminalità organizzata e la corruzione». Diliberto, che ha ribadito che la legge sui pentiti va modificata e che il carcere duro per i mafiosi deve rimanere, ha concluso ricordando che «a volte però le ingiustizie sono frutto di una società ingiusta. E rimango tenacemente comunista perché voglio che queste ingiustizie scompaiano». 

Lucio Tamburini