Così
non si frena la criminalità
da La Gazzetta del Sud del 25.3.99
Mario Gonzales *
Che il pacchetto anticrimine, varato dal Governo, avrebbe suscitato
generalizzate critiche era quanto mai prevedibile. Sono stati pochi i consensi
e, bisogna avere l'onestà di ammetterlo, questa volta i rilievi,
provenienti anche da larghi strati della maggioranza, sono più che
mai giustificati. Le proposte del Governo sembrano più finalizzate
a suscitare, nell'opinione pubblica, consensi sull'impegno dell'Esecutivo
nella lotta alla criminalità che a determinare una effettiva involuzione
del fenomeno criminale. La legislazione penale vigente prevede già
una pesante pena per lo scippatore che, per portare a termine la sua azione
delittuosa, usa violenza sul soggetto passivo del reato, come prevede una
pena altrettanto pesante per il ladro che si «introduce in luogo
destinato in abitazione». Cambiare la denominazione della fattispecie
delittuosa e alzare la pena serve ben poco quando quasi il 90% dei responsabili
di tali reati non vengono individuati e il rimanente 10% degli individuati
ha molte probabilità di non scontare la pena in carcere. E a tal
proposito sarebbe opportuno rivedere la norma delle attenuanti generiche
che, venendo concesse a tutti, finiscono per ridurre la pena al minimo
edittale e, quindi, a far evitare il carcere. E allora più che aumentare
le pene e cambiare le denominazioni di fattispecie delittuose bisognerebbe
adoperarsi per far funzionare la giustizia. Non è ammissibile che
in uno Stato di diritto chi commette un reato è chiamato a risponderne
dopo diversi anni e a subire la carcerazione, nei pochi casi previsti,
dopo oltre un quinquennio. Per capire la gravità di tale situazione
bisogna considerare che in Inghilterra il responsabile di un omicidio subisce
il processo, mediamente, dopo sessanta giorni dalla commissione del reato.
La causa del fallimento dei riti abbreviati, previsti dal nuovo processo
penale, sta proprio in questa lentezza della giustizia. Come si fa ad accettare
una pena subito e inappellabile quando si ha la certezza che, affrontando
il normale processo, la sentenza definitiva arriverà dopo anni e
anni con la speranza di godere dei ricorrenti provvedimenti di clemenza
o di altri benefici che, con molta solerzia, il nostro legislatore è
sempre pronto ad adottare nei confronti di chi delinque. Parimenti al funzionamento
della giustizia bisognerebbe predisporre idonei strumenti legislativi finalizzati
alla prevenzione dei reati, atteso che dopo il fallimento della legge 1423/56
che, con l'istituto del soggiorno obbligato, ha infestato tutto il territorio
nazionale del virus della criminalità organizzata, non vi è
stata una legge idonea a infrenare la tendenza a delinquere di chi dimostra
una spiccata capacità criminale. Ma la cosa più importante
che bisognerebbe fare è certamente quella di riavviare la macchina
delle investigazioni delle Forze dell'Ordine arrugginita da anni di quasi
inattività per via del «pentitismo» gestito direttamente,
e spesso male, dai magistrati. Riavviare questa macchina non è cosa
da poco perché bisogna considerare che, negli anni passati, le stesse
forze politiche, che oggi si proclamano paladine della lotta alla criminalità,
hanno varato una legislazione che mirava a togliere ogni potere alle Forze
dell'Ordine, sulla presunzione che potessero abusarne (e poi abbiamo visto
quanti abusi sono stati commessi dai magistrati) finendo per demotivarle
come accadde quando chiesero il disarmo della Polizia. Eppure bisogna ricordare
che le stesse Forze dell'Ordine hanno dato prova di grande responsabilità
quando, nel periodo del terrorismo, hanno avuto la possibilità di
avvalersi di una legislazione speciale (come la contestata legge Reale)
il cui abuso avrebbe potuto, effettivamente, creare problemi allo Stato
di diritto della nostra giovane democrazia. Non giova certamente al buon
funzionamento del potere punitivo dello Stato la nostra legislazione penale
che cambia a ogni mutar di Governo (bisogna considerare che in Italia i
Governi durano mediamente un anno) finendo per creare confusione nelle
Istituzioni investite del potere di ripristinare l'ordine giuridico violato.
Se non si porrà rimedio a queste carenze non ci sarà aumento
di pena e cambio della denominazione delle fattispecie delittuose che possa
riportare il fenomeno della criminalità ai livelli della normalità,
ma si svilupperanno sempre più i presupposti che servono a creare
il miglior habitat per il proliferare della malavita come, purtroppo, sta
avvenendo con la stabilizzazione sul nostro territorio nazionale delle
mafie russa, cinese e albanese. * Prefetto della Repubblica a r.
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