Ricerca
di Bocconi e Dna su giustizia, lotta alla malavita ed efficienza di mercati
e istituzioni
da Il Sole 24 ore del 25.3.99
ROMA — Una «giustizia efficiente» agevola la competitività
dei mercati e, dunque, li rende meno vulnerabili alla criminalità
organizzata. La sicurezza è quindi uno dei fattori indispensabili
per lo sviluppo del territorio e per impedire le infiltrazioni mafiose.
Perciò gli investimenti per la giustizia sono «veri e propri
investimenti, e non costi», in quanto producono almeno due «beni
pubblici»: la tutela della persona e la tutela della competizione
economica.
A mettere il dito sulla piaga è una fonte al di sopra di ogni
sospetto e particolarmente attendibile, perché da sempre attenta
all’allocazione delle risorse pubbliche: l’Università Bocconi, autrice,
insieme alla Direzionale nazionale antimafia, di una ricerca sugli intrecci
tra economia e criminalità nelle Regioni italiane, illustrata ieri
alla presenza del presidente della commissione Antimafia, Ottaviano Del
Turco, e del Procuratore nazionale antimafia, Piero Luigi Vigna. Una ricerca
focalizzata, in particolare, sulla Basilicata, e sul rischio-criminalità
per questa Regione, che «non è una Regione mafiosa — puntualizza
Del Turco — ma neppure è immune da infiltrazioni mafiose, come si
è ritenuto forse per troppo tempo».
La ricerca sulla Basilicata ha portato alla luce una realtà
criminale «insospettabile», spiega il sostituto Procuratore
della Dna, Franco Roberti: traffico d’armi e di droga, usura, riciclaggio
e reati di criminalità economica sono il bagaglio della mafia locale
la cui «efferatezza» è pari a quella delle organizzazioni
criminali delle Regioni limitrofe. E se la criminalità materana
era già nota «per la sua pericolosità» e i suoi
rapporti con mafie transnazionali (albanese, bosniaca), «maggiore
sorpresa ha destato lo sviluppo della criminalità nel territorio
di Potenza». Quali le cause? La possibilità di sfruttare i
benefici economici degli appalti pubblici seguiti ai finanziamenti del
post-terremoto, nonché quelli derivanti dai giacimenti petroliferi
della Val D’Agri. A ciò si aggiunga la sempre maggiore presenza
sul territorio di camorristi, che hanno sviluppato legami forti con la
mafia locale. «Tant’è che fin dal ’95 — osserva Roberti —
esiste un cartello criminale transprovinciale, quello dei "basilischi"».
La Basilicata, insomma, è diventata un «crocevia di traffici
illeciti». E purtroppo lo Stato ha sottovalutato il fenomeno»:
le forze di polizia, spiega Roberti, sono rimaste immutate da decenni;
non esistono organismi centralizzati dei corpi di polizia; gli organici
dei magistrati sono assolutamente insufficienti.
Più investimenti, quindi. Ma non solo. Secondo Vigna la lotta
alla criminalità organizzata rischia una «regressione»
sul piano degli strumenti di indagine. «È curioso — osserva
polemico il Procuratore antimafia a fine convegno, dopo aver ribadito la
necessità di rivedere la legge sui pentiti — che proprio mentre
si parla di mafie transnazionali le Camere pensino di indebolire gli strumenti
di indagine, cancellando le rogatorie tra gli atti del Pm direttamente
utilizzabili dal giudice, come prevede il Ddl sul giudice unico».
Donatella Stasio
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