Vince
il crimine se il mercato è debole
da Il Sole 24 ore del 25.3.99
di Donato Masciandaro
Contendibilità sui mercati dei prodotti e dei fattori ed efficienza
delle istituzioni: questi i veri antidoti per prevenire la diffusione della
criminalità organizzata nelle diverse regioni italiane. Al contrario,
provare a investire risorse private o pubbliche in economie con mercati
poco competitivi e amministrazione pubblica inefficiente (il vecchio slogan
"sviluppo contro criminalità") può essere un rimedio peggiore
del male. È questo il principale risultato della ricerca svolta
in collaborazione tra la Direzione nazionale antimafia e l’Università
Bocconi, attraverso l’Osservatorio per l’integrità del sistema finanziario,
promosso dal Centro di economia monetaria e finanziaria Paolo Baffi e Centro
studi sull’innovazione finanziaria Newfin.
Il lavoro è un progetto pilota. Esso è mirato a verificare
l’utilità di conoscenze complesse, di natura economica e finanziaria,
al fine di arricchire la capacità conoscitiva e interpretativa,
quindi gli strumenti a disposizione, delle agenzie investigative anticrimine.
L’ipotesi di lavoro è stata la seguente: in un dato territorio,
le caratteristiche qualitative e quantitative del tessuto economico-finanziario
e istituzionale possono creare un ambiente più o meno favorevole
all’inquinamento dello stesso da parte della criminalità organizzata.
In particolare, segnali di variazioni nella crescita economica e finanziaria
— misurata in relazioni a dati archi temporali e/o ad altre aree geografiche
opportunamente scelte — non inseriti in un quadro caratterizzato da: a)
una struttura economico-finanziaria di base competitiva e in cui i mercati
dei beni e servizi siano sufficientemente trasparenti e i mercati del lavoro
e del capitale contendibili; b) un sistema pubblico efficiente che garantisca
la tutela dei diritti personali e delle relazioni contrattuali, rischiano
di produrre rischi di alta vulnerabilità ambientale all’inquinamento
da criminalità organizzata.
Diverse le motivazioni che possono giustificare l’ipotesi di lavoro
adottata, per cogliere dinamiche invero assai complesse.
In primo luogo, la componente economica, e in generale la spinta all’accumulazione
con ogni mezzo di risorse, rappresenta la finalità principale —
per non dire l’unica — che spiega le scelte strategiche e tattiche delle
organizzazioni criminali. La possibilità di profitto da sola non
basta; deve essere accompagnata da una situazione ambientale favorevole,
che definiamo di vulnerabilità economica, finanziaria e istituzionale.
La vulnerabilità economica e finanziaria è collegata
a situazioni di bassa competitività ed efficienza. La vulnerabilità
istituzionale si può riscontrare quando in un contesto territoriale
la competizione economica e lo sviluppo non sono garantite da una struttura
di pubbliche autorità e istituzioni che assicurano la tutela dei
diritti, la risoluzione dei conflitti e in generale il rispetto delle norme.
In tale contesto la criminalità ha buon gioco per far valere
nell’area della produzione e degli scambi gli strumenti e le procedure
extra-economiche e illegali che la caratterizzano.
La vulnerabilità ambientale diviene così condizione essenziale
per l’insediamento e il diffondersi di forme di criminalità organizzata.
La presenza della criminalità organizzata in settori dell’economia
reale e finanziaria si riflette peraltro in un inquinamento progressivo
non solo dell’ambito economico, ma inevitabilmente del contesto sociale
e della vita pubblica.
Si innesta così un circolo perverso: la vulnerabilità
ambientale facilita l’inquinamento da criminalità organizzata, che
a sua volta deteriora ulteriormente il contesto ambientale.
L’approccio adottato ha consentito di valutare il rischio di vulnerabilità
alla criminalità organizzata delle diverse regioni italiane. Tre
i principali risultati: a) il rischio vulnerabilità, dato la bassa
contendibilità media nei mercati e la ridotta efficienza media nelle
amministrazioni pubbliche, riguarda tutte le regioni; b)il rischio vulnerabilità
è ai livelli massimi nelle quattro regioni a più alto inquinamento
effettivo: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia; c) infine, esistono una
serie di regioni emergenti, in quanto a rischio vulnerabilità, in
cui cioè primi segnali di inquinamento potrebbero trovare più
fertile terreno di diffusione, e sono: Liguria, Abruzzo, Molise, Lazio,
Marche, Basilicata e Sardegna (vedi grafico).
Le indicazioni di policy sono chiare: l’efficacia della politica di
prevenzione sarà tanto maggiore quanto più ci si muoverà
nella direzione di: maggiore contendibilità dei mercati dei prodotti
e dei fattori; maggiore efficienza nella pubblica amministrazione, con
particolare attenzione alla giustizia civile e penale; un investimento
in forze di presidio del territorio, condotta in termini di rischiosità
attesa delle diverse zone e di analisi costi-benefici di tali presidi.
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