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il test elettorale in Sicilia si trasforma in un referendum sulla Giustizia
da Il Messaggero del 25.5.98
dal nostro inviato
RITA DI GIOVACCHINO
PALERMO - Un test elettorale con molte valenze quello atteso oggi dalla
Sicilia, dove ieri hanno votato quattro milioni di elettori, per il rinnovo
di nove Consigli provinciali e 159 Giunte comunali. Quasi la metà
degli italiani chiamati alle urne per il voto amministrativo, il primo
round dopo l’ingresso dell’Italia in Europa. Ma anche il banco di prova
della tenuta del bipolarismo, qui dove si presenta per la prima volta l’Udr
di Cossiga certa di raccogliere molti connsensi in una regione dove il
sogno di ricostruire la Dc, o come oggi si chiama il grande centro, non
è mai stato abbandonato.
Ma non è soltanto un test elettorale, anche un referendum sulla
giustizia. Fortemente voluto da Berlusconi che si sente assediato dalla
stretta della magistratura, in particolare dal pool antimafia di Giancarlo
Caselli che con la sua inchiesta sui “sistemi criminali” ha gettato nuove
ombre sulle radici politico- mafiose di Forza Italia in Sicilia. A Palermo
lo scontro è aperto, quasi sfrontato, con la candidatura di Francesco
Musotto, ex presidente dell’Assemblea provinciale, finito in manette con
pesanti accuse di mafiosità, poi assolto in primo grado. E dunque
trionfalmente salutato come vittima del giustizialismo di sinistra e pronto
a riappropriarsi della poltrona perduta per “via giudiziaria”.
In realtà Musotto, pur avendo querelato Puccio, candidato dei
Ds, e suo diretto avversario, per affermazioni che risalgono al momento
del suo arresto (“l’ho visto stringere la mano ai boss”), mostra una certa
titubanza ad indossare i panni del vendicatore:
«Non voglio diventare un simbolo, sono stato vittima di un’ingiustizia,
ma ora voglio soltanto riaffermare il mio diritto di cittadino a pensare
e agire politicamente». In Procura tutti tacciono, e oggi vedremo
come la sfida di Berlusconi è andata a finire.
Ma forse per le recenti vicende legate alla fuga di Gelli e Cuntrera,
negli ultimi giorni la campagna elettorale l’Ulivo si è riaccesa
sulla battaglia antimafia, mentre Gianfranco Fini sceso in Sicilia è
apparso cauto nelle sue accuse ai magistrati e su Musotto si è limitato
a dire: «Abbiano preso atto di una decisione della magistratura che
ha restituito alla competizione lettorale un valido candidato». Ma
altri all’interno di An hanno preso le distanze da quella che è
stata considerata una decisione cinica: gettare nella mischia un candidato
bruciato per consentire a Berlusconi di portare avanti la sua crociata.
Il braccio di ferro su mafia e antimafia non si limita a Palermo. A
Messina Angelo Giorgianni, il sottosegretario all’Interno defenestrato
dall’incarico per i suoi legamiambigui, sta pilotando il futuro di Rinnovaento
Italiano verso il Polo che si presenta con un candidato autonomo, un regista
teatrale, Massimo Mollica, omonimo dell’imprenditore che l’ha cacciato
nei guai. Che fine faranno
questi voti? Non si sa, ma non è affatto escluso che l’Ulivo
possa spaccarsi, Giorgianni non soltanto è legato ad alcuni candidati
del Polo, ma sembra voglia vendicarsi per il trattamento subito. A Caltanissetta
è previsto il vero test per Cossiga: il presidente del Cdr Salvatore
Cardinale, vice di Mastella, sponsorizza un penalista molto noto che difende
boss di spicco come i Madonia. Il crinale
antimafia non sembra interessare il nascente centro. E come si voterà
ad Agrigento, dopo la fuga e la rocambolesca cattura di Cuntrera boss di
Siculiana, un paese vicino? Il responso appare di difficile lettura e nessuno
pesna che un’eventuale vittoria della sinistra possa avere un significato
antimafia o viceversa. .
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