Il presidente della Commissione per la riforma della giustizia: «Questo è il modo di procedere di un Paese schizoide»

«Giustizia, Scalfaro ha sbagliato»

da Il Corriere della sera del 25.5.98

Boato: la presunzione di non colpevolezza è nella Costituzione, e lui ne è il garante 

Carlo Bonini, 
MILANO - Mentre la tempesta Gelli-Cuntrera piegava nervi e solidità del governo, lui, l’ostinato architetto della riforma costituzionale sui temi della giustizia, se ne è rimasto in silenzio con l’aria di chi la sa lunga e preferisce aspettare. Ma l’ultimo pronunciamento del Quirinale, quello a favore della «presunzione di colpevolezza» dopo due gradi di giudizio,
strappa Marco Boato alla quiete del weekend tra le sue montagne trentine. 
«Scalfaro ha detto cose poco opportune e francamente singolari. Mi chiedo come sia possibile che il supremo garante dell’integrità della vigente Carta costituzionale possa spingersi a ipotizzare la modifica di uno dei princip-i costituzionali fondamentali come la presunzione di non colpevolezza. 
«Principio, si badi bene, sancito dal secondo comma dell’articolo 27. Una norma che fa parte di quei princip-i che, all’unanimità, il Parlamento ha scelto di tenere fuori dal progetto di riforma». 
Forse perché, mentre ci si interroga sulle grandi riforme, la giustizia italiana comincia a dare segni di agonia. Prima Gelli, poi Cuntrera. 
«Che la giustizia del nostro Paese sia alla bancarotta è senz’altro l’unico giudizio che credo trovi unanimi dall’ultimo deputato all’ultimo magistrato. Ma non si può procedere in questo modo, da Paese schizoide. Un Paese in cui quando si
consuma una palese ingiustizia monta l’onda garantista e, viceversa, quando un’oggettiva disfunzione si risolve in favore della criminalità, si dà la stura ai peggiori rigurgiti giustizialisti. A me sembra di rivivere il ‘74, quando il Paese, alla vigilia di un importante avvio di riforma dell’allora Codice di procedura penale, fece macchina indietro, andando in direzione opposta, con l’allungamento dei termini di custodia cautelare. E questo sull’onda emotiva della scarcerazione di due assassini per decorrenza dei termini». 
Non crede che a tanta emotività abbiano contribuito le dimissioni date e rientrate di Flick? 
«Premesso che ritengo che quelle dimissioni non andassero presentate, non c’è dubbio che l’esito di questa vicenda ha avuto aspetti singolari. Io posso capire Prodi, che teme un rimpasto di governo come la peste, ma Flick... Insomma, non si può scrivere una lettera di dimissioni con quei toni ultimativi e poi, 24 ore dopo, fare finta che nulla sia accaduto.
Questo è soltanto un modo per mantenere il livello della rappresentazione politico-istituzionale bene al di sotto dell’importanza e dello spessore dei problemi. E dico questo da deputato dell’Ulivo, consapevole del fatto che, se al
posto nostro al governo ci fosse stato il Polo, il minimo che sarebbe accaduto sarebbe stata la sollevazione del popolo dei fax contro i ministri di turno e l’inevitabile accusa di complicità con la P2 e Cosa Nostra». 
Lei parla di confusa rappresentazione istituzionale dei problemi della giustizia. In questi giorni sono intervenuti anche i responsabili giustizia di An e Ds, Mantovano e Folena, per scoprire sintonia in tema di restringimento delle garanzie dopo due gradi di giudizio.  
«Infatti, si è trattato di uscite poco responsabili. Uscite oltretutto che non sono state precedute, almeno per quel che riguarda Folena, da alcuna consultazione interna all’Ulivo. Uscite poco responsabili che si sono sommate all’irresponsabilità di chi ha voluto attribuire al capo dello Stato l’intenzione di sopprimere la Cassazione». 
Scalfaro ha chiarito che non era il suo pensiero. 
«E la smentita non mi ha sorpreso. Ero sicuro che Scalfaro non pensasse quel che gli era stato attribuito. Piuttosto, mi ha francamente sorpreso quel che il capo dello Stato ha aggiunto. Trovo infatti poco opportuno e singolare, come ho detto, che lui, garante della Costituzione, si pronunci per la riforma di uno dei suoi princip-i fondamentali: la presunzione di non colpevolezza. Anche qui, torniamo al discorso di prima. Al vizio mortale, tutto italiano, della risposta emergenziale alle emergenze quotidiane». 
Non sarà che questo che lei chiama il rischio emergenziale sia solo l’anticamera di un imminente flop sulle riforme? 
«Posso dire a tutti di stare tranquilli, perché le riforme si faranno. So già che nelle prossime settimane ci attende di tutto.
Quello che chiamo il partito del crollo è al lavoro da tempo. Ma avrà la meglio il partito trasversale della transizione guidata. L’importante è far capire al Paese che sui temi della giustizia ci troviamo in una situazione simile a quella che, nel
‘92, l’Italia visse di fronte al risanamento economico. In questi anni, ha vinto la linea di Ciampi. Mi auguro che anche per la giustizia ci sia un linea Ciampi, in grado di passare da un circolo vizioso a un circolo virtuoso». 
Berlusconi fa parte del partito del crollo o di quello delle virtù? 
«In passato, ha sbagliato nel voler istituire un nesso tra le riforme e le sue vicende giudiziarie personali. Mi sembra che con quell’errore abbia fatto i conti il congresso di Forza Italia, cominciato con un attacco alla magistratura e concluso con un equilibrato documento programmatico. Dunque, a meno di nuovi rigurgiti, l’errore non dovrebbe ripetersi».