Ordini, sulla riforma il pressing
della Ue
da Il Messaggero del 25.10.99
di LUCA CIFONI
ROMA — Fare presto, portare a casa la riforma entro Pasqua. Sul tema
delle professioni è questa la parola d’ordine dal governo, che per
bocca di Franco Bassanini ha annunciato l’intenzione di fare del disegno
di legge Mirone, lasciato da oltre un anno a dormire in Parlamento, un
collegato alla Finanziaria. Da approvare quindi nei primi mesi del 2000.
Motivi per accelerare ce ne sono tanti, ma uno potrebbe rivelarsi decisivo:
dall’Europa sta per arrivare, con tutta probabilità, una solenne
bocciatura per il sistema di tariffe degli avvocati. La Corte di Giustizia
infatti, chiamata in causa dal pretore di Pinerolo, sarebbe sul punto di
emettere una sentenza contro il Consiglio nazionale forense, classificato
dai giudici Ue come un’associazione tra imprese che fissando tariffe inderogabili
restringe la concorrenza nel settore. Evidente la portata rivoluzionaria
di un simile pronunciamento, se confermato: sul punto specifico, visto
che il nodo tariffe è uno di quelli più caldi della riforma,
ma anche in un senso più generale. Di fatto i giudici Ue metterebbero
l’attività professionale sullo stesso piano di quella d’impresa.
Che è esattamente ciò che i vari Ordini, al di là
delle loro differenziazioni su alcuni punti, vedono come la peste.
Proprio nel campo degli avvocati la partita che si sta giocando è
particolarmente delicata. Questa professione infatti è forse quella
più divisa al suo interno tra la visione tradizionale e un modello
decisamente più vicino all’impresa, imposto anche dallo sbarco in
Italia dei mega-studi stranieri. E anche quelli di casa nostra che vogliono
stare sul mercato delle privatizzazioni, della consulenza globale, della
contrattualistica internazionale, non a caso si fanno chiamare law firm.
Per loro un punto chiave è quello della forma societaria, con
la possibile apertura a soci di capitale, che il ddl Mirone escludeva comunque
dal controllo, ma che molti Ordini, e in primo luogo quello degli avvocati,
non vogliono proprio veder arrivare. Attualmente, dopo l’abolizione della
norma fascista pensata in chiave anti-ebraica, è già possibile
esercitare la professione attraverso società di persone (semplici,
in nome collettivo e in accomandita semplice).
E l’Ordine degli avvocati in queste settimane è impegnato in
un’altra battaglia, contro il comma della Finanziaria che nelle intenzioni
del governo avrebbe dovuto porre fine alla querelle dell’iscrizione dei
dipendenti pubblici. Dal ’97 infatti è teoricamente possibile per
quelli che hanno scelto il part time diventare professionisti a tutti gli
effetti. Ma di fatto gli Ordini provinciali e poi il Consiglio nazionale
forense hanno rifiutato a questi legali l’iscrizione negli albi ordinari,
vista come un’irrimediabile contaminazione della categoria. La questione
è tutt’ora pendente dopo una serie di ricorsi, che hanno vista coinvolta
anche la Corte costituzionale. Le poche righe inserite in forma molto esplicita
nella Finanziaria avrebbero dovuto togliere di mezzo gli ultimi appigli
su cui si basava la resistenza del Cnf. Il quale però gode di ottimi
appoggi in Parlamento e si è attivato per far saltare il comma.
Al momento la soluzione più probabile è lo stralcio, e il
rinvio al collegato della riforma complessiva.
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