Giusto
processo
da Il Manifesto del 26.2.99
GIUSEPPE DI LELLO
I n senato è stato finalmente compiuto il primo passo per l'inserimento
nella Costituzione dei principi del giusto processo. In realtà una
normale ricostruzione interpretativa delle norme già esistenti avrebbe
reso superflua questa ulteriore fatica del legislatore: bastava combinare
l'articolo 24 della Costituzione ("la difesa è diritto inviolabile
in ogni stato e grado del procedimento") con il principio fondamentale
del nuovo codice di procedura penale, secondo cui la prova si forma in
dibattimento e nel contraddittorio delle parti.
Le sentenze demolitorie della Corte costituzionale, prima sull'originario
articolo 513 e poi su quello riformato dal parlamento hanno, però,
reso necessaria una dettagliata specificazione in Costituzione di questi
principi: senza delegittimazione né per la Corte (che conserva intatti
i suoi poteri di controllo alla luce della modifica costituzionale), né
per il parlamento (che esercita i poteri che gli sono conferiti dall'articolo
138 della Costituzione).
I l voto è senza dubbio una tappa importante verso la piena
realizzazione di uno stato di diritto sempre più attento alla difesa
delle libertà personali fondamentali. Esso, comunque, introduce
elementi di contraddizione abbastanza dirompenti (se si avrà la
capacità politica di usarli) in una fase del paese caratterizzata
da una crescente xenofobia, con il 50 per cento della popolazione carceraria
costituita da extracomunitari senza diritti concretamente esercitabili:
dopo l'introduzione del "super 513" in Costituzione, si potrà pensare,
a destra, ma anche a sinistra, di non tenerne conto nel trattamento processual-espulsorio
(centri di detenzione compresi) degli stessi?
La prassi seguita per giungere alla elaborazione del testo adottato
è pienamente condivisibile, essendosi realizzato un ampio confronto
tra tutte le forze politiche e gli "operatori" tradizionali quali avvocati,
magistrati e giuristi: nulla di più lontano dalla "riservatezza"
con la quale la defunta bicamerale tentava di comporre i suoi contrasti,
al riparo dalle fastidiose interferenze esterne del popolo sovrano.
Si sta dando, infine, anche la prova della funzionalità dell'articolo
138 per la modifica costituzionale, tenendo, però, presente che
il meccanismo è stato pensato in relazione a un parlamento altamente
rappresentativo della totalità dei cittadini.
Nella prospettiva di un parlamento eletto con un maggioritario secco
e con l'uscita di scena - per assenteismo e/o per meccanismi elettorali
di esclusione - di larghi strati di elettori, lo stesso articolo 138 diventerebbe
una pericolosa arma puntata contro le fasce della società deboli
e senza rappresentanza, con forti tentazioni di utilizzarlo per far arretrare
i diritti sociali e le garanzie: si potrebbe avere, in buona sostanza,
un "giusto" processo solo per chi ha le "giuste" risorse economiche per
poterselo pagare, tipico del dogma liberistico "competition is competition".
A vanti, dunque, sulla strada intrapresa in senato, ma senza dimenticare
che il principio di civiltà giuridica così realizzato è
solo formale e che per realizzarlo nei fatti si ha bisogno dello stato
ugualitario prefigurato dall'articolo 3 della Costituzione. Altrimenti
ad usufruirne saranno solo i potenti, indifferenti alle sorti dei tanti
piccoli Ocalan che, senza diritti e senza risorse, dalle spiagge pugliesi
passano in massa nelle carceri italiane.
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