Pinto
«deluso» dagli avvocati
da Il Sole 24 ore del 26.2.99
ROMA — «Sì, speravo proprio che lo sciopero degli avvocati
fosse revocato. Le rassicurazioni che abbiamo dato sul rapido esame della
riforma del «513» dovevano bastare, anche perché provenivano
da soggetti istituzionali diversi. A meno che non si voglia battere il
ferro finché è caldo. Ma questo sarebbe ingiusto, oltre che
in contrasto con lo stile nuovo che si è instaurato nelle relazioni
tra avvocati, Governo e Parlamento».
Michele Pinto, presidente della commissione Giustizia del Senato, non
nasconde la delusione per la decisione della Giunta delle camere penali
di non revocare l’astensione dalle udienze prevista fino al 20 marzo per
i processi in cui è in gioco il «513». Delusione condivisa
al ministero della Giustizia, dove però preferiscono non commentare.
Pinto (Ppi) è uno dei numerosi parlamentari della maggioranza e
dell’opposizione che mercoledì mattina, insieme al guardasigilli
Diliberto, hanno affollato l’assemblea dei penalisti italiani nel tentativo
di convincerli che le riforme della giustizia hanno ripreso a camminare
per davvero, in particolare quelle sul «513» in versione mini
(il Ddl del Governo per tamponare i processi in corso, che secondo Diliberto
e Pinto avrà una corsia preferenziale), midi (i vari Ddl sul sistema
delle prove, da martedì all’esame della commissione Giustizia di
palazzo Madama) e maxi (la riforma costituzionale del giusto processo,
approvata mercoledì dal Senato in prima lettura). Ma né Pinto
né i suoi colleghi e neppure il ministro della Giustizia, nonostante
il feeling con i penalisti, sono stati creduti visto che, mercoledì
sera, la giunta delle Camere penali, riunitasi per valutare l’eventuale
revoca dello sciopero, ha deciso di proseguire nella protesta.
«Non è uno schiaffo al ministro» si affretta a precisare
il presidente dei penalisti Giuseppe Frigo, che nei mesi scorsi ha lavorato
fianco a fianco con Diliberto, mettendo a punto una strategia destinata
anche a far rientrare lo sciopero (è il secondo in quattro mesi),
ma rivelatasi su questo punto perdente. Frigo non aveva fatto i conti con
l’ala più dura dei suoi colleghi, che non crede alle buone intenzioni
del Governo e del Parlamento e che adesso non sembra accontentarsi più
nemmeno del mini-513 così come proposto da Diliberto (per considerare
prova una dichiarazione non confermata in dibattimento occorre almeno una
dichiarazione confermata) ma punta a una soluzione più radicale.
Come quella sponsorizzata da Forza Italia, che in un Ddl presentato ieri
al Senato propone una norma transitoria che imponga di riscontrare le accuse
non confermate in aula solo con «elementi di natura obiettiva»
(nella sostanza si tratta di una modifica dell’articolo 192 Cpp). Una soluzione
non facilmente digeribile per la maggioranza e, quindi, difficilmente compatibile
con una rapida approvazione del provvedimento.
Frigo sa bene che, al di là della stima personale per Diliberto,
il significato politico della non-revoca dello sciopero è quello
di uno schiaffo al Governo e al Parlamento. La decisione della Giunta,
infatti, arriva nel momento di massima apertura agli avvocati: Diliberto
ha pubblicamente riconosciuto il loro ruolo di «soggetto politico»,
ne ha legittimato i reiterati scioperi, li ha invitati a più riprese
(ancora mercoledì mattina) a sedere al tavolo della concertazione
«per camminare insieme sulla strada delle riforme». I penalisti,
però, hanno risposto picche.
«Poteva andare peggio», si limita a osservare sconsolato
Frigo, ricordando che la decisione sull’eventuale revoca dello sciopero
già programmato è solo rinviata al momento in cui «il
Parlamento dimostrerà di voler fare sul serio. Allora — assicura
— saremo pronti a riunirci per rivedere subito la nostra posizione».
Ma a chi gli chiede se la revoca sarà automatica nel momento in
cui la commissione Giustizia darà formalmente la procedura d’urgenza
al Ddl del Governo sul «513» risponde: «Sicuramente io
riconvoco la Giunta, poi vedremo».
Intanto ieri l’astensione dalle udienze nei processi in cui era in
gioco il «513» ha riacceso la tensione tra Pm e avvocati. A
Palermo, nel processo-Andreotti, il Procuratore aggiunto Guido Lo Forte
ha chiesto al presidente del Tribunale di proseguire ugualmente il dibattimento,
nonostante la protesta dei penalisti. La richiesta è stata accolta
e l’udienza è stata aggiornata al 4 marzo, sollecitando l’Ordine
degli avvocati a nominare un difensore d’ufficio per Andreotti. Lo Forte
ha denunciato l’illegittimità del protrarsi dello sciopero, perché
in contrasto con i principi sanciti dalla sentenza della Corte costituzionale
del ’96 sull’interruzione dei servizi pubblici essenziali. E ha chiesto
che copia del verbale d’udienza fosse trasmesso alla Procura per informarne
il presidente della Repubblica, «anche nella sua qualità di
presidente del Csm», i presidenti di Camera e Senato e il ministro
della Giustizia.
Donatella Stasio
|