Limite
al diritto di cronaca la diffamazione «evidente»
da Il Sole 24 ore del 26.1.99
ROMA — La Cassazione, con una sentenza che conferma la condanna per
diffamazione a Giuliano Ferrara e rinvia a nuovo giudizio Antonio Padellaro
dell’”Espresso” e il direttore del settimanale, Claudio Rinaldi Tufi, ha
ristretto l’ambito del diritto di cronaca affermando che i giornalisti
ledono l’onorabilità altrui anche quando riportano affermazioni
offensive pronunciate da altri, «perchè l’illiceità
delle dichiarazioni è immediatamente rilevabile dal cronista».
La novità della pronuncia, sentenza 935/99, non riguarda la
pena per Ferrara, condannato sulla scia di un verdetto della Corte d’Appello
di Roma, a risarcire con un milione il Procuratore della Repubblica di
Napoli, Agostino Cordova, che aveva tacciato di «eccessi deliranti»
in un’intervista del ’95 sull’”Espresso”. È infatti scontato, rilevano
i supremi giudici, che «il riferimento negativo alle capacità
psichiche di Cordova —anche se sul tema allora rovente della carcerazione
preventiva — non era affatto necessario per esprimere una critica alla
magistratura». Nuove sono, invece, le motivazioni per le quali
la Suprema Corte ha ritenuto di non confermare l’assoluzione in secondo
grado per Padellaro e Rinaldi, emessa sulla scorta di un orientamento abbastanza
consolidato per cui non c’è responsabilità nel riportare
affermazioni altrui. Qui sta il dissenso della Cassazione e quindi la restrizione
del diritto di cronaca: spetta al cronista accorgersi delle «valutazioni
critiche gratuitamente offensive».
Critiche alla sentenza sono arrivate sia dai difensori dei condannati
che dall’Unione dei cronisti. «È un ritorno al conservatorismo,
una marcia indietro della Cassazione, dopo che per circa un anno i supremi
giudici, sulla scia di una sentenza emessa dal Tribunale di Monza, avevano
correttamente riconosciuto il ruolo della stampa nel diffondere nelle interviste
le opinioni altrui» è stato il commento dell’avvocato Oreste
Flammini Minuto, difensore di Padellaro e Rinaldi in questo procedimento.
Ha annunciato altre iniziative l’avvocato: «Questa storia — ha
concluso Flammini Minuto — deve finire e finirà nel posto deputato:
di fronte alla Corte europea di Strasburgo se i miei assistiti riceveranno
una condanna definitiva».
Dura anche la reazione dell’Unione dei cronisti che è tornata
a criticare anche la recente approvazione delle norme, alla Camera, sul
segreto di indagine. «La sentenza della Corte di cassazione costituisce
un nuovo, ulteriore attacco al diritto-dovere dei giornalisti di informare
l’opinione pubblica, pesantemente represso dalla recente approvazione alla
Camera di tre articoli-bavaglio nell’ambito del provvedimento sul giudice
unico». La nota dell’Unione nazionale cronisti italiani è
molto critica con i supremi giudici: «La Cassazione, che tanti anni
fa si arrogò il ruolo di censore della libertà di stampa,
dettando quello che intendeva fosse il “decalogo del perfetto giornalista”
completo di indicazioni perfino sulla punteggiatura da usare — sottolinea
la nota dell’Unci — torna a pretendere di insegnare il mestiere ai cronisti».
Inoltre, «le decisioni cercano di trasformare il cronista in
investigatore o in un censore — denuncia l’Unione cronisti — perchè
da un lato si pretende che accerti la veridicità di quanto viene
affermato pubblicamente da fonti anche autorevoli, dall’altro che nel caso
abbia dubbi sulla loro attendibilità le cestini. In entrambi i casi
la Cassazione cerca di addossare ai giornalisti responsabilità altrui
che, invece, fino a prima di questa pronuncia, erano correttamente attribuite
all’autore delle dichiarazioni».
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