“Mafia,
no ai processi sommari”
da La Repubblica del 26.1.99
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI
CALTANISSETTA - Si sente offeso da certe accuse sul ritorno di una
“normalità obbligata” in tema di giustizia e di mafia. Ricorda con
fastidio tutte le ritrattazioni show del pentito Vincenzo Scarantino. Racconta
la sua sofferenza per avere chiesto l’assoluzione di due imputati del processo
per la strage di via D’Amelio. Ma subito dopo avverte: “Nessuna emergenza
criminale giustifica processi sommari”. E aggiunge: “E’ lotta alla mafia
anche quando si chiedono condanne per imputati senza prove sufficienti?”.
Poi avanza l’ipotesi di una “talpa” che avrebbe tradito il procuratore
Paolo Borsellino. Infine, rivela “che i mandanti del massacro di via D’Amelio
si inseriscono in un contesto criminale di altissimo livello”. Parla Roberto
Saieva, il sostituto procuratore generale di Caltanissetta che ha chiesto
le assoluzioni per due dei tre imputati accusati dell’uccisione di Borsellino
e dei cinque agenti della scorta. Parla dopo le polemiche. Parla dopo che
la sentenza d’Appello ha cancellato gran parte dell’impianto accusatorio
e due ergastoli. Parla con una grande amarezza. Lui - che è stato
il primo magistrato a istruire un processo di mafia ad Agrigento dopo quasi
40 anni, che ha lavorato al fianco di Falcone al ministero, che insieme
a Ilda Boccassini è stato “inviato” dalla Direzione nazionale antimafia
prima a Caltanissetta e poi a Palermo nella stagione delle stragi siciliane
- si è ritrovato improvvisamente al centro di un tiro incrociato
per avere chiesto (da rappresentante dell’accusa) due assoluzioni.
In un primo momento non voleva intervenire pubblicamente sulla vicenda,
poi ci ha ripensato.
Dottore Saieva, non le sono proprio andate giù quelle dichiarazioni
dei suoi colleghi di Caltanissetta che parlano del ritorno di una normalità
obbligata?
“La normalità alla quale la sentenza si è ispirata è
la normalità delle regole del processo penale e, prima tra tutte,
quella secondo la quale non ci può essere condanna senza sufficienti
prove di responsabilità. Anche in un processo di mafia non si può
infliggere un ergastolo se il cerchio della prova non si stringe intorno
all’imputato. E’ comunque inaccettabile che si affermi, come qualcuno ha
fatto, che la sentenza della Corte di Assise di Appello costituisce un
invito alla consumazione di altre stragi”.
Nonostante le tante ritrattazioni, in Procura sostengono che Vincenzo
Scarantino sia ancora credibile. Quale è la sua opinione?
“Nella mia requisitoria ho sostenuto che la sua ritrattazione, frutto
probabilmente anche di pressioni esterne, non era attendibile. Scarantino
infatti aveva ritrattato tutto, anche dichiarazioni che erano state positivamente
riscontrate. La questione è un’altra: la chiamata di correo di Scarantino
non ha alcuno dei requisiti perché sia espresso un giudizio di attendibilità:
non ha la costanza, perché ha ritrattato più volte; non ha
la coerenza, perché ha accusato falsamente almeno 4 persone; non
ha la precisione, perché sin dall’inizio della sua
collaborazione le sue dichiarazioni sono state piene di contraddizioni”.
Con i pentiti bisogna cambiare registro?
“Strumento prezioso ma delicatissimo: è ormai urgente una rigorosa
regolamentazione della materia: non c’è tempo da perdere”.
Alla Procura della Repubblica si lamentano anche di altro:
sostengono che non sono stati creduti alcuni testimoni come la nipote
di Borsellino che aveva riconosciuto il “tecnico” Scotto, quello che avrebbe
intercettato il telefono della madre di Borsellino.
“E’ vero che Pietro Scotto è stato riconosciuto dalla nipote
di Borsellino come l’uomo che armeggiava con la cassetta di derivazione
dei fili telefonici posta al quarto piano dello stabile
di via D’Amelio. Ma anche qui, il problema è un altro: solo
Scarantino afferma che ci sia stata un’intercettazione abusiva. Una consulenza
tecnica aveva giudicato ‘segnatamente verosimile’ l’intercettazione, e
questo giudizio in un processo penale ha un rilievo probatorio uguale a
zero. E allora, venuta meno l’attendibilità di Scarantino
si sarebbe dovuto condannare Scotto per avere eseguito un’intercettazione
abusiva della quale non c’è prova storica? E poi, credo che
si sia perso tempo dietro questo Scotto, magari la vera ‘talpa’ era da
cercare altrove”.
Significa che, secondo lei, qualcuno ha tradito il procuratore?
“Formulo solo ipotesi. Come escludere che un’informazione sui movimenti
di Borsellino, se c’è stata, non sia venuta da ambienti diversi
da quelli di Cosa Nostra?”.
Il primo processo per la strage di via D’Amelio si è chiuso
malamente. Adesso c’è il bis, poi il ter. Lei ritiene che arriverete
mai ai mandanti?
“Sulla base degli atti processuali che io conosco i mandanti si inseriscono
in un contesto criminale, connesso a quello mafioso, di elevatissimo livello.
Non sono pessimista sull’esito delle indagini, le energie e le competenze
per individuare i responsabili della strage nel Paese ci sono”.
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