A luglio voti non definitivi per giusto processo, Regioni e federalismo

da Il Sole 24 ore del 26.5.99

ROMA — Giusto processo e elezione diretta del presidente della giunta regionale: sono le due riforme costituzionali in stato più avanzato, che entro luglio potrebbero essere votate, rispettivamente, da Camera e Senato in seconda lettura. Un voto non definitivo, ma sempre meglio del niente che, per quella data, si profila per altre riforme, come l’elezione diretta del Capo dello Stato, la forma di Governo, la legge elettorale. Potrebbe invece guadagnare il voto dell’Aula della Camera prima della pausa estiva la riforma dello Stato in senso federale, benché ieri abbia subito una battuta d’arresto rispetto ai programmi, che la volevano in Aula già domani mentre la conferenza dei capigruppo ha deciso che vi approderà a fine giugno.
Il quadro non è confortante. Ma l’ottimismo non manca. Soprattutto dopo la sollecitazione venuta ieri dal neopresidente della Repubblica, che ha indotto qualcuno (Soda, Ds; Selva, An) a riproporre persino la Bicamerale. Che per altri (Villone, Ds; Grimaldi, Pdci) sarebbe invece troppo rischiosa, perché basterebbe bloccare un solo punto del pacchetto di riforme per bloccare tutto. Dalla Bicamerale, però, si può ripartire quanto ai contenuti. Così è stato fatto, osserva Villone, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, con il Ddl sull’elezione diretta del presidente della giunta regionale, che domani dovrebbe essere licenziato per l’Aula, dove approderà la prossima settimana. 
«Il provvedimento ricalca il progetto della Bicamerale — ricorda Villone — dove si decise, con un voto molto contrastato, di lasciare all’autonomia statutaria la scelta della forma di Governo da adottare, mentre una norma transitoria garantiva l’elezione diretta». Il Ddl all’esame del Senato, già approvato dalla Camera, contiene una disciplina a regime, in cui si rinvia appunto all’autonomia statutaria la scelta del sistema elettorale regionale, e una disciplina transitoria per innestare sulla normativa vigente, di qui al 2000, l’elezione diretta del presidente della giunta. «Resta da definire l’ampiezza dell’autonomia della regione nella scelta del proprio sistema elettorale», aggiunge Villone, preannunciando modifiche al testo della Camera, «che però non dovrebbero impedire di arrivare alle elezioni del 2000 con l’elezione diretta».
Modifiche, sia pure di poco conto, si prevedono pure al Ddl di riforma che introduce in Costituzione i princìpi del «giusto processo»: contraddittorio, terzietà e imparzialità del giudice, parità delle parti, ragionevole durata del processo. Ieri la conferenza dei capigruppo della Camera ne ha posticipato l’ingresso in Aula a fine giugno, insieme al Ddl sul federalismo. Entrambi sono ancora in fase di discussione generale in commissione. Ma, mentre per il secondo si prospetta un iter più lungo, perché sarà costituito un comitato ristretto per redigere un testo unificato in cui dovrebbe trovare posto anche una Camera delle regioni, per il «giusto processo» si dovrebbe invece passare subito all’esame degli emendamenti. Finora, a chiedere modifiche sono stati solo Tiziana Parenti (Sdi) e Raffaele Cananzi (Democratici). «I Ds non sono ancora intervenuti — ricorda il relatore Gaetano Pacorella, Fi —. Tutti sappiamo, però, che per non rinunciare al giusto processo dobbiamo approvare la norma così com’è, senza modifiche. Tra l’altro questa riforma è ancora più urgente in quanto condiziona la riforma all’esame del Senato sulla valutazione delle prove».
Ma le difficoltà maggiori riguardano il Capo dello Stato. Tutti concordano sull’elezione diretta, benché si discuta se procedervi, come propone il presidente della commissione Affari costituzionali, Antonio Maccanico, solo se nei primi tre scrutini parlamentari nessun candidato abbia raggiunto la maggioranza di due terzi dell’assemblea, integrata rispetto all’attuale anche dai parlamentari europei (proposta che non piace ad An e che il relatore, il cossighiano Giorgio Rebuffa, reputa «macchinosa»). Il disaccordo si registra, ancora una volta, sui poteri del presidente, che secondo Rebuffa dovrebbe essere il garante del meccanismo di divisione dei poteri previsto dalla Costituzione mentre il Polo, in particolare An, insiste perché abbia poteri di indirizzo politico. «Rispetto alla Bicamerale finora non ci sono novità ma molti arretramenti» osserva critico Giuseppe Calderisi, ex forzista transitato in An, mentre Paolo Armaroli (An) insorge contro l’intenzione del Senato di "scippare" alla Camera la discussione sulla forma di Governo, che secondo Villone dovrà essere esaminata con la nuova legge elettorale, congelata fino a dopo le elezioni.
D.St.